Il saggio analizza alcune delle cause della crisi economica attraverso una breve ricostruzione storica delle crisi del XX secolo che permette di collocare l’attuale crisi come un momento di una nuova riorganizzazione spaziale e tecnologica. L’analisi prosegue focalizzandosi sui processi di investimento diretto all’estero e sui processi migratori che interessano ormai un ampio numero di paesi, processi che si intersecano con le nuove forme assunte dalla struttura produttiva internazionale. L’affermarsi di modelli produttivi basati sul sub-appalto dove fluiscono in modo differenziato e solo just-in-time autoctoni e migranti, questi ultimi reclutati tramite agenzie di reclutamento internazionali, comporta una progressiva riduzione degli spazi di rivendicazione. D’altra parte, la proliferazione di legislazioni sembra mettere in concorrenza tra loro non tanto i territori, quanto la manodopera. Vero è che permangono ampie aree del pianeta nelle quali i processi di progressiva salarizzazione sono scarsamente sviluppati. E’ qui che negli anni recenti sono fluiti parte degli investimenti diretti all’estero, in particolare sotto forma di acquisto di vaste distese di terra, sostenendo i processi di spossessamento e di sradicamento delle popolazioni contadine. La crisi sembra quindi in grado di produrre nuove forme di proletarizzazione e di estensione degli investimenti produttivi in aree ancora poco toccate dal capitalismo. E’ tuttavia un’espansione che deve confrontarsi quotidianamente, non solo con le attività sindacali, ma anche con le rivendicazioni dirette di lavoratrici e lavoratori, autoctoni e migranti, che in ampia parte del mondo non intendono finire sull’altare dell’accumulazione.

Catene della produzione internazionale e nuovi cicli di proletarizzazione

SACCHETTO, DEVI
2010

Abstract

Il saggio analizza alcune delle cause della crisi economica attraverso una breve ricostruzione storica delle crisi del XX secolo che permette di collocare l’attuale crisi come un momento di una nuova riorganizzazione spaziale e tecnologica. L’analisi prosegue focalizzandosi sui processi di investimento diretto all’estero e sui processi migratori che interessano ormai un ampio numero di paesi, processi che si intersecano con le nuove forme assunte dalla struttura produttiva internazionale. L’affermarsi di modelli produttivi basati sul sub-appalto dove fluiscono in modo differenziato e solo just-in-time autoctoni e migranti, questi ultimi reclutati tramite agenzie di reclutamento internazionali, comporta una progressiva riduzione degli spazi di rivendicazione. D’altra parte, la proliferazione di legislazioni sembra mettere in concorrenza tra loro non tanto i territori, quanto la manodopera. Vero è che permangono ampie aree del pianeta nelle quali i processi di progressiva salarizzazione sono scarsamente sviluppati. E’ qui che negli anni recenti sono fluiti parte degli investimenti diretti all’estero, in particolare sotto forma di acquisto di vaste distese di terra, sostenendo i processi di spossessamento e di sradicamento delle popolazioni contadine. La crisi sembra quindi in grado di produrre nuove forme di proletarizzazione e di estensione degli investimenti produttivi in aree ancora poco toccate dal capitalismo. E’ tuttavia un’espansione che deve confrontarsi quotidianamente, non solo con le attività sindacali, ma anche con le rivendicazioni dirette di lavoratrici e lavoratori, autoctoni e migranti, che in ampia parte del mondo non intendono finire sull’altare dell’accumulazione.
2010
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