L’articolo confronta la teoria economica e sociologica relativa al concetto di utilità. Pur tenendo in considerazione l’esistenza di una distanza tra gli assunti epistemologici delle due discipline, l’obiettivo è di ricostruire il contributo degli studi economico-sociali alla costruzione del concetto di utilità, con l’intento di ampliare la capacità interpretativa della figura dell’Homo oeconomicus. Il concetto di utilità, al centro della teoria marginalista e tuttora strumento di analisi per interpretare i consumi, è una debole costruzione teorica, poiché basata esclusivamente su variabili economiche che estromettono dall’analisi il contesto sociale in cui si espleta l’azione. Il proposito è di porre a confronto le due teorie e di far emergere, in tal modo, l’esistenza di una domanda di beni di consumo, interpretabile attraverso il concetto di utilità nella sua duplice dimensione: economica e sociale. L’emergere della prospettiva sociale nei meccanismi di funzionamento del mercato consolida l’incontro tra economia e sociologia, comportando per il sociologo: «la necessità di interpretare anche quella forma del tutto particolare di agire sociale che è l’agire economico». Ragionare sul concetto di utilità, come spazio di integrazione tra teoria economica e sociologica significa confrontarsi sia con l’agire individuale sia con il contesto dell’azione, considerando entrambi i piani di analisi in un rapporto di reciproca influenza. La logica razionale guida il consumo, ma è una lente interpretativa sfocata se il suo ambito di applicazione si riduce all’esclusiva analisi economica. La sua completezza esplicativa può essere raggiunta solo abbracciando la ‘vicina’ dimensione sociale, elaborando una forma di razionalità che sia adatta ad interpretare il fenomeno del consumo in veste di azione sociale culturalmente dotata di significato. Se consideriamo la casualità la chiave interpretativa della costruzione e del mantenimento dei rapporti sociali rinunciamo a ricercare sia le cause che li hanno provocati, sia il contesto nel quale vengono elaborati, ed accantoniamo la possibilità di prevederne la trasformazione. In breve, la ricchezza interdisciplinare del fenomeno del consumo diventa la ‘gabbia d’acciaio’ che ne imprigiona l’interpretazione.

Utilità: un concetto economico-sociale

SETIFFI, FRANCESCA
2009

Abstract

L’articolo confronta la teoria economica e sociologica relativa al concetto di utilità. Pur tenendo in considerazione l’esistenza di una distanza tra gli assunti epistemologici delle due discipline, l’obiettivo è di ricostruire il contributo degli studi economico-sociali alla costruzione del concetto di utilità, con l’intento di ampliare la capacità interpretativa della figura dell’Homo oeconomicus. Il concetto di utilità, al centro della teoria marginalista e tuttora strumento di analisi per interpretare i consumi, è una debole costruzione teorica, poiché basata esclusivamente su variabili economiche che estromettono dall’analisi il contesto sociale in cui si espleta l’azione. Il proposito è di porre a confronto le due teorie e di far emergere, in tal modo, l’esistenza di una domanda di beni di consumo, interpretabile attraverso il concetto di utilità nella sua duplice dimensione: economica e sociale. L’emergere della prospettiva sociale nei meccanismi di funzionamento del mercato consolida l’incontro tra economia e sociologia, comportando per il sociologo: «la necessità di interpretare anche quella forma del tutto particolare di agire sociale che è l’agire economico». Ragionare sul concetto di utilità, come spazio di integrazione tra teoria economica e sociologica significa confrontarsi sia con l’agire individuale sia con il contesto dell’azione, considerando entrambi i piani di analisi in un rapporto di reciproca influenza. La logica razionale guida il consumo, ma è una lente interpretativa sfocata se il suo ambito di applicazione si riduce all’esclusiva analisi economica. La sua completezza esplicativa può essere raggiunta solo abbracciando la ‘vicina’ dimensione sociale, elaborando una forma di razionalità che sia adatta ad interpretare il fenomeno del consumo in veste di azione sociale culturalmente dotata di significato. Se consideriamo la casualità la chiave interpretativa della costruzione e del mantenimento dei rapporti sociali rinunciamo a ricercare sia le cause che li hanno provocati, sia il contesto nel quale vengono elaborati, ed accantoniamo la possibilità di prevederne la trasformazione. In breve, la ricchezza interdisciplinare del fenomeno del consumo diventa la ‘gabbia d’acciaio’ che ne imprigiona l’interpretazione.
2009
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