Per osservare il libro francescano come si definisce nell’Italia quattrocentesca si deve partire da una considerazione preliminare, e cioè che non esiste un codice francescano con un’identità certa e assoluta, o comunque non esiste un modello dominante, quanto piuttosto una costellazione di modelli, spesso devianti ma tutti egualmente seguiti. Infatti nella concreta e irregolare realtà dei manoscritti classificabili come francescani e datati o databili al Quattrocento incontriamo situazioni assai differenti, in alcuni casi segnate da un denominatore comune, in altri refrattarie a qualsiasi tentativo di assimilazione. Non solo. Nel XV secolo si mantiene nel complesso la ricchezza di esiti produttivi propria dei secoli precedenti, ma con qualche significativa semplificazione, mentre si aggiunge un filone testuale assai originale, rappresentato dalla produzione di santi e predicatori che, fra l’altro, scrivono anche di loro pugno. Nella produzione libraria francescana del Quattrocento spiccano tuttavia due paradossi. Il primo dei quali riguarda il rapporto fra un aumento vertiginoso della quantità dei libri scritti da un lato e la decisa semplificazione delle strutture formali di questi stessi libri dall’altro: a fronte della ricchezza di esiti propri dei codici francescani del XIII e del XIV secolo nel XV troviamo tipologie librarie assai meno varie e articolate. Qui allora sta il secondo paradosso. Perché l’idea che il manoscritto francescano sia stato un libro dalla fisionomia semplice, improntato all’essenzialità, dal punto di vista grafico-codicologico come anche decorativo, ipotesi che è stata spesso fortemente messa in dubbio, sembra invece essere, inaspettatamente, il paradigma più adeguato a riassumere correttamente la situazione della produzione libraria francescana del Quattrocento: proprio questo modello di un libro destrutturato trova infatti una grande quantità di attestazioni nel XV secolo, e davvero risulta forse la struttura di riferimento più probabile del codice francescano quattrocentesco, il quale, in un complessivo impoverimento delle sue strutture formali, rimane, nel suo complesso, quasi sempre indifferente rispetto alle più significative esperienze contemporanee, tanto grafiche che codicologiche.

Note sulle caratteristiche dei codici francescani del Quattrocento

GIOVE', NICOLETTA
2009

Abstract

Per osservare il libro francescano come si definisce nell’Italia quattrocentesca si deve partire da una considerazione preliminare, e cioè che non esiste un codice francescano con un’identità certa e assoluta, o comunque non esiste un modello dominante, quanto piuttosto una costellazione di modelli, spesso devianti ma tutti egualmente seguiti. Infatti nella concreta e irregolare realtà dei manoscritti classificabili come francescani e datati o databili al Quattrocento incontriamo situazioni assai differenti, in alcuni casi segnate da un denominatore comune, in altri refrattarie a qualsiasi tentativo di assimilazione. Non solo. Nel XV secolo si mantiene nel complesso la ricchezza di esiti produttivi propria dei secoli precedenti, ma con qualche significativa semplificazione, mentre si aggiunge un filone testuale assai originale, rappresentato dalla produzione di santi e predicatori che, fra l’altro, scrivono anche di loro pugno. Nella produzione libraria francescana del Quattrocento spiccano tuttavia due paradossi. Il primo dei quali riguarda il rapporto fra un aumento vertiginoso della quantità dei libri scritti da un lato e la decisa semplificazione delle strutture formali di questi stessi libri dall’altro: a fronte della ricchezza di esiti propri dei codici francescani del XIII e del XIV secolo nel XV troviamo tipologie librarie assai meno varie e articolate. Qui allora sta il secondo paradosso. Perché l’idea che il manoscritto francescano sia stato un libro dalla fisionomia semplice, improntato all’essenzialità, dal punto di vista grafico-codicologico come anche decorativo, ipotesi che è stata spesso fortemente messa in dubbio, sembra invece essere, inaspettatamente, il paradigma più adeguato a riassumere correttamente la situazione della produzione libraria francescana del Quattrocento: proprio questo modello di un libro destrutturato trova infatti una grande quantità di attestazioni nel XV secolo, e davvero risulta forse la struttura di riferimento più probabile del codice francescano quattrocentesco, il quale, in un complessivo impoverimento delle sue strutture formali, rimane, nel suo complesso, quasi sempre indifferente rispetto alle più significative esperienze contemporanee, tanto grafiche che codicologiche.
2009
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