Il lavoro ha come obiettivo l’esame complessivo della disciplina tributaria degli enti del Terzo settore, con lo scopo di fornire un quadro d’insieme della materia e dei principali problemi che interessano la fiscalità, individuando al tempo stesso gli snodi sistematici essenziali per orientarsi nella frastagliata costellazione del no profit. Dopo avere sinteticamente passato in rassegna le principali tipologie di soggetti operanti nel settore considerato, la ricerca si concentra sull’esame delle disposizioni del Tuir dedicate agli enti non commerciali. Si analizzano innanzitutto i tratti caratterizzanti della disciplina che appaiono costruiti su due direttrici fondamentali: da un lato le regole cardine della tassazione sembrano prescindere dalla considerazione degli scopi propri dell’ente e sono modellate sul presupposto, definito in negativo, della non commercialità; dall’altro una serie disparata di disposizioni agevolative valorizzano, invece, le specifiche attività istituzionali ed i fini di utilità sociale perseguiti, attraverso previsioni volte a favorire la raccolta delle risorse finanziarie o a detassare le attività svolte con determinati moduli gestionali. In questo quadro, si evidenzia come il modello di imposizione sia avvicinabile a quello delle persone fisiche, permanendo la differenziazione tra diverse categorie reddituali e si prospettano alcuni problemi applicativi derivanti da tale assetto impositivo, con particolare riguardo ai dubbi circa l’imponibilità delle rendite a titolo oneroso ed a tempo determinato il cui beneficiario sia un ente non commerciale. Dopo aver analizzato la nozione di commercialità, passando in rassegna le principali teorie emerse sul punto, si procede ad esaminare la ratio e la portata dell’art. 143 Tuir, il quale, per gli enti non commerciali, esclude la commercialità delle prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c., qualora siano rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente, senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione. Si esprime l’avviso che tale norma non abbia carattere agevolativo ma natura strutturale e sia strettamente correlata alla necessità di garantire che le attività che permettono il perseguimento dei fini dell’ente possano svolgersi non solo nell’ottica della pura erogazione, ma anche con modelli che permettono la conservazione del patrimonio e ne scongiurino la consunzione, vale a dire con modelli di economicità. Da ciò si traggono coerenti conseguenze in punto di interpretazione restrittiva della nozione di “conformità” alle finalità istituzionali. Si prendono poi in esame le particolari aree di decommercializzazione per gli enti a struttura associativa, anche in tal caso ricercandone la giustificazione teorica. La seconda parte del lavoro è dedicata alle ONLUS, la cui disciplina viene sinteticamente analizzata. Specifica attenzione viene posta al problema chiave, vale a dire a quello dei moduli gestori dell’attività, se occorra, cioè, che detti soggetti agiscano con logiche di pura erogazione o se sia possibile immaginare anche modelli operativi che puntino all’avanzo, fermi restando gli obblighi di destinazione delle risorse. Dopo aver preso specificamente in considerazione le attività previste dall’art. 10 del D.Lgs. 460/1997, si esprime l’avviso che il modulo gestionale adottato non possa non essere raccordato con le specifiche finalità solidaristiche che, sulla base del piano statutario, l’ente è destinato a perseguire, orientandosi verso necessari modelli di erogazione ove i beneficiari dell’azione siano soggetti svantaggiati dal punto di vista economico ed aprendosi a modelli imprenditoriali ove lo svantaggio abbia altra natura. Tale opinione è vagliata alla luce delle teorie emerse in dottrina sul tema ed è discussa con argomenti fondati sulla prospettiva costituzionale della ragionevolezza e dell’eguaglianza. L’esame complessivo della disciplina degli enti del Terzo settore è condotta anche con spunti di collegamento al problema più generale delle agevolazioni fiscali, particolarmente in considerazione della contribuzione speciale che detti enti realizzano destinando le risorse a fondamentali esigenze della collettività. L’ultima parte del lavoro integra un’analitica rassegna delle principali disposizioni e dei più rilevanti problemi emersi nell’ambito delle imposte indirette e dei tributi cosiddetti minori, con accenni anche alla perdita dei requisiti di non commercialità.

La fiscalità del Terzo Settore

TRIVELLIN, MAURO
2008

Abstract

Il lavoro ha come obiettivo l’esame complessivo della disciplina tributaria degli enti del Terzo settore, con lo scopo di fornire un quadro d’insieme della materia e dei principali problemi che interessano la fiscalità, individuando al tempo stesso gli snodi sistematici essenziali per orientarsi nella frastagliata costellazione del no profit. Dopo avere sinteticamente passato in rassegna le principali tipologie di soggetti operanti nel settore considerato, la ricerca si concentra sull’esame delle disposizioni del Tuir dedicate agli enti non commerciali. Si analizzano innanzitutto i tratti caratterizzanti della disciplina che appaiono costruiti su due direttrici fondamentali: da un lato le regole cardine della tassazione sembrano prescindere dalla considerazione degli scopi propri dell’ente e sono modellate sul presupposto, definito in negativo, della non commercialità; dall’altro una serie disparata di disposizioni agevolative valorizzano, invece, le specifiche attività istituzionali ed i fini di utilità sociale perseguiti, attraverso previsioni volte a favorire la raccolta delle risorse finanziarie o a detassare le attività svolte con determinati moduli gestionali. In questo quadro, si evidenzia come il modello di imposizione sia avvicinabile a quello delle persone fisiche, permanendo la differenziazione tra diverse categorie reddituali e si prospettano alcuni problemi applicativi derivanti da tale assetto impositivo, con particolare riguardo ai dubbi circa l’imponibilità delle rendite a titolo oneroso ed a tempo determinato il cui beneficiario sia un ente non commerciale. Dopo aver analizzato la nozione di commercialità, passando in rassegna le principali teorie emerse sul punto, si procede ad esaminare la ratio e la portata dell’art. 143 Tuir, il quale, per gli enti non commerciali, esclude la commercialità delle prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c., qualora siano rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente, senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione. Si esprime l’avviso che tale norma non abbia carattere agevolativo ma natura strutturale e sia strettamente correlata alla necessità di garantire che le attività che permettono il perseguimento dei fini dell’ente possano svolgersi non solo nell’ottica della pura erogazione, ma anche con modelli che permettono la conservazione del patrimonio e ne scongiurino la consunzione, vale a dire con modelli di economicità. Da ciò si traggono coerenti conseguenze in punto di interpretazione restrittiva della nozione di “conformità” alle finalità istituzionali. Si prendono poi in esame le particolari aree di decommercializzazione per gli enti a struttura associativa, anche in tal caso ricercandone la giustificazione teorica. La seconda parte del lavoro è dedicata alle ONLUS, la cui disciplina viene sinteticamente analizzata. Specifica attenzione viene posta al problema chiave, vale a dire a quello dei moduli gestori dell’attività, se occorra, cioè, che detti soggetti agiscano con logiche di pura erogazione o se sia possibile immaginare anche modelli operativi che puntino all’avanzo, fermi restando gli obblighi di destinazione delle risorse. Dopo aver preso specificamente in considerazione le attività previste dall’art. 10 del D.Lgs. 460/1997, si esprime l’avviso che il modulo gestionale adottato non possa non essere raccordato con le specifiche finalità solidaristiche che, sulla base del piano statutario, l’ente è destinato a perseguire, orientandosi verso necessari modelli di erogazione ove i beneficiari dell’azione siano soggetti svantaggiati dal punto di vista economico ed aprendosi a modelli imprenditoriali ove lo svantaggio abbia altra natura. Tale opinione è vagliata alla luce delle teorie emerse in dottrina sul tema ed è discussa con argomenti fondati sulla prospettiva costituzionale della ragionevolezza e dell’eguaglianza. L’esame complessivo della disciplina degli enti del Terzo settore è condotta anche con spunti di collegamento al problema più generale delle agevolazioni fiscali, particolarmente in considerazione della contribuzione speciale che detti enti realizzano destinando le risorse a fondamentali esigenze della collettività. L’ultima parte del lavoro integra un’analitica rassegna delle principali disposizioni e dei più rilevanti problemi emersi nell’ambito delle imposte indirette e dei tributi cosiddetti minori, con accenni anche alla perdita dei requisiti di non commercialità.
2008
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2270236
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