Similmente a quello della morte, lo spazio della sessualità è uno dei cardini cui l’umanità appende le più complesse architetture di si-gnificato per orientare la morale, intesa come usi e costumi all’interno dei quali le relazioni sono organizzate e disciplinate. Fortemente influenzata dalla storia del pensiero e dalle sue trasformazioni, l’etica è la dimensione che permette di razionalizzare gli apparati di senso che fungono da cornice dell’azione umana. Segnavia per il percorso evolutivo del giudizio di valore e del processo di valutazione per tutto ciò che regolamenta gli atteggiamenti e i comportamenti sociali, in essa si inscrivono i dettati morali che caratterizzano identità e differenze di civiltà e gruppi umani. In questo momento storico in cui l’incertezza derivante dal sapere che nessun impianto teorico può più in alcun modo giustificare, in nome di una verità incontrovertibile, assolutismi che impongano autoritaristicamente prescrizioni e proscrizioni, sembra che, con la disgregazione dei costumi in passato eticamente giustificati, siano stati persi anche i riferimenti essenziali che permettono di giudicare i comportamenti sessuali. La cultura del rispetto dei diritti inalienabili degli individui e dei popoli nell’annoverare al proprio interno il primato dell’autodeterminazione annuncia altresì un futuro di grandi confronti e difficili discussioni allorché si fa sempre più evidente come le culture circoscritte entran-do in conflitto tra loro rispetto alle modalità con cui intendere il rap-porto individuo-società lasciano aperto il baratro in cui ogni incertez-za rispetto all’orientamento del giudizio relativo alla sessualità rischia di tradursi in abuso. Le etiche che cercano di risolvere questa aporia recuperando riferimenti normativi derivanti da orizzonti di senso religiosi sono le più esposte al e causa del conflitto, nella misura in cui, ricorrendo all’idea di assoluto, derogano al principio fon-damentale dei diritti universali. La difficoltà di affrontare il problema non può dunque essere abbandonata a volontà regressive che ripristi-nino orizzonti di senso del passato. Le regressioni verso le derive già sperimentate della tradizione che hanno in passato ampiamente so-stenuto e giustificato la schiavitù, come pure la subordinazione della donna, nonché la de-umanizzazione dei deboli come dei diversi, rite-nendo ognuna di queste forme di sopraffazione esercitate su determi-nate categorie di soggetti cosa naturale quando non addirittura volon-tà divina, non garantiscono affatto la soluzione del problema. La vo-lontà critica e democratica di mantenere nello spazio della plurivocità laica la possibilità dei singoli di esprimere la propria scelta indivi-duale, ovvero evitando che essi subiscano coartazione o subordina-zione in nome del potere di chi è portatore di valori che giustificano il non riconoscimento della libertà di autodeterminazione di alcuni rispetto ad altri, non può esimersi dal proseguire nel proprio lavoro di maturazione nella ricerca di soluzioni che tolgano le contraddizioni che inevitabilmente appaiono su questo cammino. Appartengono a siffatte difficoltà le tematiche che discutiamo in questo volume, ove la testimonianza di cambiamenti di costume, come lo sono per esem-pio lo “scambismo” e la strutturazione di affidabili rapporti di coppia omosessuale cui si accompagna il desiderio di genitorialità, sono in correlazione inversa – rispetto al cambiamento al cui interno si gio-cano specifiche forme di riconoscimento consensuale della diversità – al mantenimento di gravi regressioni storiche nelle consuetudini sessuali, le quali ripristinano l’abuso come espressione di schiavitù nei confronti della quale il debole (bambino, donna e povero) non ha strumenti per poter difendere la propria intangibilità. E in siffatta re-gressione si gioca la contraddizione del sociale che per un verso nega e per l’altro trae vantaggio dall’esistente, il quale peraltro garantisce appagamento di bisogni primari fungendo perciò da spazio di com-pensazione di possibili focolai di sovversione determinati dall’inadeguatezza del sistema, incapace di accogliere sempre più va-ste sacche di miseria non solo economica. In particolare oggi, il fenomeno dello sfruttamento sessuale di mi-gliaia di donne per lo più migranti nell’industria del sesso, e la vio-lenza che accompagna questo fenomeno, ripropone una ineluttabile riflessione sullo stato di salute dei diritti umani delle donne alla luce dei processi di globalizzazione. Ancora una volta si assiste al ripro-porsi dell’uso del corpo delle donne, e in genere dei poteri che sono collegati alla sessualità femminile, come a uno spazio di cui si può disporre più o meno liberamente senza la necessità di tante autoriz-zazioni.

La centralità  dell'autodeterminazione nel cambiamento dei costumi sessuali tra innovazione e regressione storica e diritti umani

TESTONI, INES;DEGANI, PAOLA
2008

Abstract

Similmente a quello della morte, lo spazio della sessualità è uno dei cardini cui l’umanità appende le più complesse architetture di si-gnificato per orientare la morale, intesa come usi e costumi all’interno dei quali le relazioni sono organizzate e disciplinate. Fortemente influenzata dalla storia del pensiero e dalle sue trasformazioni, l’etica è la dimensione che permette di razionalizzare gli apparati di senso che fungono da cornice dell’azione umana. Segnavia per il percorso evolutivo del giudizio di valore e del processo di valutazione per tutto ciò che regolamenta gli atteggiamenti e i comportamenti sociali, in essa si inscrivono i dettati morali che caratterizzano identità e differenze di civiltà e gruppi umani. In questo momento storico in cui l’incertezza derivante dal sapere che nessun impianto teorico può più in alcun modo giustificare, in nome di una verità incontrovertibile, assolutismi che impongano autoritaristicamente prescrizioni e proscrizioni, sembra che, con la disgregazione dei costumi in passato eticamente giustificati, siano stati persi anche i riferimenti essenziali che permettono di giudicare i comportamenti sessuali. La cultura del rispetto dei diritti inalienabili degli individui e dei popoli nell’annoverare al proprio interno il primato dell’autodeterminazione annuncia altresì un futuro di grandi confronti e difficili discussioni allorché si fa sempre più evidente come le culture circoscritte entran-do in conflitto tra loro rispetto alle modalità con cui intendere il rap-porto individuo-società lasciano aperto il baratro in cui ogni incertez-za rispetto all’orientamento del giudizio relativo alla sessualità rischia di tradursi in abuso. Le etiche che cercano di risolvere questa aporia recuperando riferimenti normativi derivanti da orizzonti di senso religiosi sono le più esposte al e causa del conflitto, nella misura in cui, ricorrendo all’idea di assoluto, derogano al principio fon-damentale dei diritti universali. La difficoltà di affrontare il problema non può dunque essere abbandonata a volontà regressive che ripristi-nino orizzonti di senso del passato. Le regressioni verso le derive già sperimentate della tradizione che hanno in passato ampiamente so-stenuto e giustificato la schiavitù, come pure la subordinazione della donna, nonché la de-umanizzazione dei deboli come dei diversi, rite-nendo ognuna di queste forme di sopraffazione esercitate su determi-nate categorie di soggetti cosa naturale quando non addirittura volon-tà divina, non garantiscono affatto la soluzione del problema. La vo-lontà critica e democratica di mantenere nello spazio della plurivocità laica la possibilità dei singoli di esprimere la propria scelta indivi-duale, ovvero evitando che essi subiscano coartazione o subordina-zione in nome del potere di chi è portatore di valori che giustificano il non riconoscimento della libertà di autodeterminazione di alcuni rispetto ad altri, non può esimersi dal proseguire nel proprio lavoro di maturazione nella ricerca di soluzioni che tolgano le contraddizioni che inevitabilmente appaiono su questo cammino. Appartengono a siffatte difficoltà le tematiche che discutiamo in questo volume, ove la testimonianza di cambiamenti di costume, come lo sono per esem-pio lo “scambismo” e la strutturazione di affidabili rapporti di coppia omosessuale cui si accompagna il desiderio di genitorialità, sono in correlazione inversa – rispetto al cambiamento al cui interno si gio-cano specifiche forme di riconoscimento consensuale della diversità – al mantenimento di gravi regressioni storiche nelle consuetudini sessuali, le quali ripristinano l’abuso come espressione di schiavitù nei confronti della quale il debole (bambino, donna e povero) non ha strumenti per poter difendere la propria intangibilità. E in siffatta re-gressione si gioca la contraddizione del sociale che per un verso nega e per l’altro trae vantaggio dall’esistente, il quale peraltro garantisce appagamento di bisogni primari fungendo perciò da spazio di com-pensazione di possibili focolai di sovversione determinati dall’inadeguatezza del sistema, incapace di accogliere sempre più va-ste sacche di miseria non solo economica. In particolare oggi, il fenomeno dello sfruttamento sessuale di mi-gliaia di donne per lo più migranti nell’industria del sesso, e la vio-lenza che accompagna questo fenomeno, ripropone una ineluttabile riflessione sullo stato di salute dei diritti umani delle donne alla luce dei processi di globalizzazione. Ancora una volta si assiste al ripro-porsi dell’uso del corpo delle donne, e in genere dei poteri che sono collegati alla sessualità femminile, come a uno spazio di cui si può disporre più o meno liberamente senza la necessità di tante autoriz-zazioni.
2008
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