Il film ‘Ogni cosa è illuminata’ del regista Liev Schreiber, tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer (2002), presentato al 60° Festival del cinema di Venezia, ha spinto Costantini a prestare più attenzione, nel lavoro clinico, «agli altri dentro di noi», e stimolato in modo specifico una serie di pensieri che riguardano il problema della trasmissione transgenerazionale. Grazie al potere evocativo delle immagini che scorrono sullo schermo, e immerso nell' atmosfera particolare della sala cinematografica, al buio, intento a guardare immagini in movimento insieme ad un gruppo di simili, l'analista si trova nelle condizioni ideali per utilizzare i suoi abituali strumenti di lavoro, in un esercizio che facilita il suo funzionamento mentale preconscio e lo mette in contatto con parti del Sé.

"Ogni cosa è illuminata" dalla luce del passato. Note sul film di Liev Schreiber

COSTANTINI, MARIA VITTORIA
2009

Abstract

Il film ‘Ogni cosa è illuminata’ del regista Liev Schreiber, tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer (2002), presentato al 60° Festival del cinema di Venezia, ha spinto Costantini a prestare più attenzione, nel lavoro clinico, «agli altri dentro di noi», e stimolato in modo specifico una serie di pensieri che riguardano il problema della trasmissione transgenerazionale. Grazie al potere evocativo delle immagini che scorrono sullo schermo, e immerso nell' atmosfera particolare della sala cinematografica, al buio, intento a guardare immagini in movimento insieme ad un gruppo di simili, l'analista si trova nelle condizioni ideali per utilizzare i suoi abituali strumenti di lavoro, in un esercizio che facilita il suo funzionamento mentale preconscio e lo mette in contatto con parti del Sé.
2009
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