Il lavoro si pone l'obiettivo di analizzare i principali problemi fiscali posti dalle operazioni transeuropee di riorganizzazione che si attuano con la modalità tecnica della fusione, argomento di rilevante attualità ed interesse sia per la recente attuazione della Direttiva 2005/56/CE ad opera del D.lgs. 2008, n. 108, sia per la ricodificazione della normativa comunitaria in materia da parte della Direttiva 2009/133/CE, sia per il mutato quadro di fondo che, in considerazione dell’introduzione nel nostro sistema fiscale della PEX, dell’ampliamento della disciplina CFC e dell’evoluzione della teoria dell’abuso in funzione antielusiva, suggerisce l’opportunità di ripensare gli assetti societari dei gruppi multinazionali. Nella prima parte dello scritto si analizzano gli elementi essenziali della disciplina, esaminando i principali problemi posti dall’art. 178 Tuir con riguardo ai profili soggettivi di applicabilità, proponendo all’attenzione del lettore alcuni casi dubbi e tentando di fornire criteri di soluzione. Si prosegue con l’analisi delle linee di fondo della normativa, ponendo in luce le due macroregole attorno alle quali l’intero assetto impositivo sembra edificato, vale a dire il criterio della neutralità (che assicura, in linea di massima, alle fusioni di società di differenti Paesi comunitari l’irrilevanza fiscale dell’operazione e la stessa ininfluenza sui plusvalori latenti garantita dalle operazioni nazionali) ed il criterio del realizzo a valore normale dei componenti aziendali non confluiti in una stabile organizzazione nel territorio dello Stato (ciò al fine di comprendere nel calcolo dell’imponibile plusvalori o minusvalori maturati su beni che fuoriescono dal circuito dell’impresa o anche dal raggio dell’azione impositiva statuale). Si esamina, così, più nel dettaglio, il principio di neutralità con riguardo alla stabile organizzazione nello Stato dell’incorporata, considerando anche la conseguente continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, il principio del realizzo dei beni non confluiti nella stabile organizzazione residente, il principio del realizzo della stabile organizzazione e dei beni dell’incorporata siti in un Paese terzo con la relativa analisi del cosiddetto notional tax credit, il problema del valore di iscrizione dei beni “in ingresso” da parte dell’incorporante (tenendo come riferimento l’ipotesi che questa sia italiana), i limiti all’utilizzo delle perdite, la questione della retrodatabilità della fusione ed il principio di neutralità nella tassazione dei soci. Esaurita la trattazione delle regole pertinenti alle fusioni transeuropee, si pone a confronto tale disciplina con quella delle operazioni di fusione extracomunitaria, evidenziandone l’omogeneità di fondo ma ponendo altresì in luce gli aspetti di diversità, particolarmente con riferimento al riconoscimento del notional tax credit, previso per le fusioni europee ma non per quelle internazionali. Sulla base di tali premesse, al fine di vagliare le rigidità ordinamentali che si frappongono al pieno realizzo del principio di neutralità fiscale e che quindi possono porre freni alle riorganizzazioni internazionali, si analizza il caso problematico della fusione transeuropea allorquando sussista una stabile organizzazione dell’incorporata in un Paese diverso da quello delle società coinvolte nell’operazione, mettendo in luce i dubbi interpretativi sul riconoscimento del notional tax credit e sul conseguente rischio di doppia imposizione nei diversi casi in cui la stabile organizzazione sia localizzata in un altro Paese comunitario o si trovi in uno Stato extraeuropeo. Si propongono in conclusione criteri interpretativi volti a favorire la neutralità. Dopo una sintesi dei risultati della ricerca che evidenziano i limiti della neutralità ed i rischi di doppia imposizione internazionale, si affronta un ulteriore problema posto dalla riforma della disciplina CFC, in particolare dal nuovo comma 8-bis dell’art. 167 Tuir, che può comportare l’inclusione nell’area di applicazione della norma anche di società comunitarie, introducendo per esse un meccanismo di tassazione per trasparenza. Ci si chiede, dunque, se la discplina comunitaria sulle fusioni possa applicarsi anche in tali situazioni. Alla luce dell’analisi del dato normativo si fornisce una risposta positiva al quesito emerso per effetto della novella legislativa.

Aspetti fiscali delle operazioni di fusione transeuropea

TRIVELLIN, MAURO
2009

Abstract

Il lavoro si pone l'obiettivo di analizzare i principali problemi fiscali posti dalle operazioni transeuropee di riorganizzazione che si attuano con la modalità tecnica della fusione, argomento di rilevante attualità ed interesse sia per la recente attuazione della Direttiva 2005/56/CE ad opera del D.lgs. 2008, n. 108, sia per la ricodificazione della normativa comunitaria in materia da parte della Direttiva 2009/133/CE, sia per il mutato quadro di fondo che, in considerazione dell’introduzione nel nostro sistema fiscale della PEX, dell’ampliamento della disciplina CFC e dell’evoluzione della teoria dell’abuso in funzione antielusiva, suggerisce l’opportunità di ripensare gli assetti societari dei gruppi multinazionali. Nella prima parte dello scritto si analizzano gli elementi essenziali della disciplina, esaminando i principali problemi posti dall’art. 178 Tuir con riguardo ai profili soggettivi di applicabilità, proponendo all’attenzione del lettore alcuni casi dubbi e tentando di fornire criteri di soluzione. Si prosegue con l’analisi delle linee di fondo della normativa, ponendo in luce le due macroregole attorno alle quali l’intero assetto impositivo sembra edificato, vale a dire il criterio della neutralità (che assicura, in linea di massima, alle fusioni di società di differenti Paesi comunitari l’irrilevanza fiscale dell’operazione e la stessa ininfluenza sui plusvalori latenti garantita dalle operazioni nazionali) ed il criterio del realizzo a valore normale dei componenti aziendali non confluiti in una stabile organizzazione nel territorio dello Stato (ciò al fine di comprendere nel calcolo dell’imponibile plusvalori o minusvalori maturati su beni che fuoriescono dal circuito dell’impresa o anche dal raggio dell’azione impositiva statuale). Si esamina, così, più nel dettaglio, il principio di neutralità con riguardo alla stabile organizzazione nello Stato dell’incorporata, considerando anche la conseguente continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, il principio del realizzo dei beni non confluiti nella stabile organizzazione residente, il principio del realizzo della stabile organizzazione e dei beni dell’incorporata siti in un Paese terzo con la relativa analisi del cosiddetto notional tax credit, il problema del valore di iscrizione dei beni “in ingresso” da parte dell’incorporante (tenendo come riferimento l’ipotesi che questa sia italiana), i limiti all’utilizzo delle perdite, la questione della retrodatabilità della fusione ed il principio di neutralità nella tassazione dei soci. Esaurita la trattazione delle regole pertinenti alle fusioni transeuropee, si pone a confronto tale disciplina con quella delle operazioni di fusione extracomunitaria, evidenziandone l’omogeneità di fondo ma ponendo altresì in luce gli aspetti di diversità, particolarmente con riferimento al riconoscimento del notional tax credit, previso per le fusioni europee ma non per quelle internazionali. Sulla base di tali premesse, al fine di vagliare le rigidità ordinamentali che si frappongono al pieno realizzo del principio di neutralità fiscale e che quindi possono porre freni alle riorganizzazioni internazionali, si analizza il caso problematico della fusione transeuropea allorquando sussista una stabile organizzazione dell’incorporata in un Paese diverso da quello delle società coinvolte nell’operazione, mettendo in luce i dubbi interpretativi sul riconoscimento del notional tax credit e sul conseguente rischio di doppia imposizione nei diversi casi in cui la stabile organizzazione sia localizzata in un altro Paese comunitario o si trovi in uno Stato extraeuropeo. Si propongono in conclusione criteri interpretativi volti a favorire la neutralità. Dopo una sintesi dei risultati della ricerca che evidenziano i limiti della neutralità ed i rischi di doppia imposizione internazionale, si affronta un ulteriore problema posto dalla riforma della disciplina CFC, in particolare dal nuovo comma 8-bis dell’art. 167 Tuir, che può comportare l’inclusione nell’area di applicazione della norma anche di società comunitarie, introducendo per esse un meccanismo di tassazione per trasparenza. Ci si chiede, dunque, se la discplina comunitaria sulle fusioni possa applicarsi anche in tali situazioni. Alla luce dell’analisi del dato normativo si fornisce una risposta positiva al quesito emerso per effetto della novella legislativa.
2009
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