Dall’opera del sociologo Elias relativa alla solitudine del morente si è sviluppato un sempre maggiore interesse riguardante le cause che determinano l’occultamento della morte e del lutto. Tra gli orientamenti che più si sono interessati al problema e alla sua risoluzione emerge per importanza l’approccio delle Medical Humanities, secondo il quale il riduzionismo biomedico è parzialmente responsabile della reificazione del malato. Per quanto efficace sul piano tecnico, esso è stato infatti posto fortemente sotto accusa negli ultimi anni, in quanto responsabile dell’impoverimento della dimensione umana e relazionale del rapporto di cura. In questa sede, facendo riferimento alla prospettiva delle Medical Humanities, al tema del consenso informato e al principio di autodeterminazione nei casi di fine-vita, si considera un aspetto specifico di tale inadeguatezza: la triangolazione della famiglia. Il medico, incapace di costruire una relazione positiva con il malato, gestisce in forma erronea anche la comunicazione con la famiglia, la quale si trova a dover elaborare, nel difficile percorso del lutto anticipatorio, anche il carico di responsabilità che riguarda la gestione della “cattiva notizia”. Intrappolati in questo eccessivo carico emotivo, i familiari colludono con la tendenza alla de-negazione del proprio stato di malattia da parte del malato e su questa incapacità di gestione si instaura lo stallo comunicativo, consistente nella “congiura del silenzio” che caratterizza le relazioni familiari nella fine-vita.

La famiglia nella comunicazione tra medico e paziente. L'approccio delle medical humanities e la gestione della cattiva notizia

TESTONI, INES
2009

Abstract

Dall’opera del sociologo Elias relativa alla solitudine del morente si è sviluppato un sempre maggiore interesse riguardante le cause che determinano l’occultamento della morte e del lutto. Tra gli orientamenti che più si sono interessati al problema e alla sua risoluzione emerge per importanza l’approccio delle Medical Humanities, secondo il quale il riduzionismo biomedico è parzialmente responsabile della reificazione del malato. Per quanto efficace sul piano tecnico, esso è stato infatti posto fortemente sotto accusa negli ultimi anni, in quanto responsabile dell’impoverimento della dimensione umana e relazionale del rapporto di cura. In questa sede, facendo riferimento alla prospettiva delle Medical Humanities, al tema del consenso informato e al principio di autodeterminazione nei casi di fine-vita, si considera un aspetto specifico di tale inadeguatezza: la triangolazione della famiglia. Il medico, incapace di costruire una relazione positiva con il malato, gestisce in forma erronea anche la comunicazione con la famiglia, la quale si trova a dover elaborare, nel difficile percorso del lutto anticipatorio, anche il carico di responsabilità che riguarda la gestione della “cattiva notizia”. Intrappolati in questo eccessivo carico emotivo, i familiari colludono con la tendenza alla de-negazione del proprio stato di malattia da parte del malato e su questa incapacità di gestione si instaura lo stallo comunicativo, consistente nella “congiura del silenzio” che caratterizza le relazioni familiari nella fine-vita.
2009
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2381539
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