La durata dell’asciutta relativa ad un campione consistente di lattazioni e di aziende ha evidenziato una sensibile variabilità, attribuibile in primo luogo a differenze tra aziende, che possono in parte esprimere un differente approccio al management di questa importante fase del ciclo produttivo della vacca da latte. Rilevanti a questo proposito sono apparsi anche gli effetti dell’ordine di parto, che hanno evidenziato asciutte più brevi nelle primipare, e del livello di produzione al momento della messa in asciutta delle vacche. Le asciutte di durata inferiore ai 35 d, in corrispondenza ad un valore medio di 30 d, hanno comportato una riduzione della produzione nella lattazione successiva dell’ordine del 5.5%, un aumento del rischio di comparsa di ritenzione di placenta e una diminuzione del rischio di comparsa di edema severo rispetto ad asciutte caratterizzate da una durata vicina ai 60 d. Le asciutte di durata compresa tra 35 e 55 d, in corrispondenza di una media vicina ai 45 d, hanno determinato una lieve ma significativa riduzione della produzione nella lattazione successiva (- 2%) rispetto alle asciutte di durata “tradizionale”, senza particolari ulteriori differenze in termini di rischio di insorgenza di patologie. Il prolungamento della fase di asciutta oltre i valori tradizionali non ha comportato alcun vantaggio produttivo, funzionale o sanitario nella lattazione successiva. Dal punto di vista pratico l’adozione di periodi di asciutta compresi tra 45 e 65 giorni sembra garantire condizioni adeguate per lo svolgimento della lattazione successiva, mentre la riduzione della durata dell’asciutta al di sotto dei 30-35 d appare penalizzante in primo luogo per i negativi effetti esercitati sulla produzione nella lattazione successiva.

ANALISI RETROSPETTIVA DELLA DURATA DELL'ASCIUTTA IN VACCHE DA LATTE DI RAZZA FRISONA

GALLO, LUIGI;CARNIER, PAOLO;CASSANDRO, MARTINO;CONTIERO, BARBARA;
2003

Abstract

La durata dell’asciutta relativa ad un campione consistente di lattazioni e di aziende ha evidenziato una sensibile variabilità, attribuibile in primo luogo a differenze tra aziende, che possono in parte esprimere un differente approccio al management di questa importante fase del ciclo produttivo della vacca da latte. Rilevanti a questo proposito sono apparsi anche gli effetti dell’ordine di parto, che hanno evidenziato asciutte più brevi nelle primipare, e del livello di produzione al momento della messa in asciutta delle vacche. Le asciutte di durata inferiore ai 35 d, in corrispondenza ad un valore medio di 30 d, hanno comportato una riduzione della produzione nella lattazione successiva dell’ordine del 5.5%, un aumento del rischio di comparsa di ritenzione di placenta e una diminuzione del rischio di comparsa di edema severo rispetto ad asciutte caratterizzate da una durata vicina ai 60 d. Le asciutte di durata compresa tra 35 e 55 d, in corrispondenza di una media vicina ai 45 d, hanno determinato una lieve ma significativa riduzione della produzione nella lattazione successiva (- 2%) rispetto alle asciutte di durata “tradizionale”, senza particolari ulteriori differenze in termini di rischio di insorgenza di patologie. Il prolungamento della fase di asciutta oltre i valori tradizionali non ha comportato alcun vantaggio produttivo, funzionale o sanitario nella lattazione successiva. Dal punto di vista pratico l’adozione di periodi di asciutta compresi tra 45 e 65 giorni sembra garantire condizioni adeguate per lo svolgimento della lattazione successiva, mentre la riduzione della durata dell’asciutta al di sotto dei 30-35 d appare penalizzante in primo luogo per i negativi effetti esercitati sulla produzione nella lattazione successiva.
2003
II CONGRESSO NAZIONALE MASTITIS COUNCIL ITALIA
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