I batteri appartenenti ai generi Rhizobium (14 specie), Sinorhizobium (11 specie), Mesorhizobium (10 specie), Azorhizobium (1 specie), Allorhizobium (1 specie) e Bradyrhizobium (4 specie), alfa-proteobatteri bastoncellari gram negativi, comprendono numerose specie e biovar. La loro classificazione, in rapida e continua evoluzione, si è basata per lungo tempo sulle specifiche capacità di instaurare rapporti di associazione simbiotica con specifici generi di piante leguminose, che provocano la formazione di speciali strutture conosciute col nome di noduli radicali o tubercoli. In essi i batteri subiscono modificazioni fisiologiche e morfologiche ed esprimono la capacità di catalizzare la trasformazione dell'azoto atmosferico in ammoniaca (azotofissazione), che viene utilizzata dalla leguminosa ospite. Essi ottengono in cambio composti del carbonio derivanti dalle attività fotosintetiche della pianta stessa. Oggi, i parametri utilizzati per classificare i rizobi non si basano esclusivamente sulla specificità d'ospite ma anche su un certo numero di caratteristiche fisiologiche, biochimiche e genetiche proprie del microrganismo. Per la classificazione, in continuo aggiornamento, si rimanda a siti web quali: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/Taxonomy/taxonomyhome.html/ http://www.rhizobia.co.nz/Rhizobia_Taxonomy.html http://www.biocenter.helsinki.fi/groups/lindstrom/taxonomyII/taxonomy.htm Le proprietà uniche di simbionti capaci di promuovere la crescita della pianta al punto da renderla indipendente dalla ricerca di fonti azotate nel terreno hanno reso i rizobi, fin dall’epoca della loro originaria scoperta a fine ’800 ad opera di Frank e di Beijerinck (Fred et al., 1932), oggetto di applicazione finalizzata a migliorare la produttività di leguminose da foraggio e da granella. Tale impiego peraltro non rappresenta che il proseguimento, con cognizione di causa microbiologica, di una pratica già empiricamente effettuata sin dall’epoca romana, consistente nell’attuare la rotazione di un cereale con una coltura di leguminose, già note come piante miglioratrici del suolo. In epoca moderna, i fattori produttivi, uniti al contenimento degli input di nitrati nell’ambiente, hanno stimolato l’impiego della batterizzazione del seme di leguminose e il parallelo sviluppo della ricerca sulle basi molecolari della simbiosi, quali strategie esemplari al servizio di un’agricoltura in armonia con l’ambiente. Si può ritenere che l’inoculazione delle leguminose sia probabilmente la più estesa e antica pratica di rilascio deliberato di microrganismi nell’ambiente. Oggigiorno, le leguminose più frequentemente trattate con inoculanti a base di rizobi sono riportate nella Tabella 1. Nella medesima tabella vengono anche riportati i valori relativi alnumero di batteri per seme e di semi per kg al fine di determinare con maggiore esattezza le quantità di inoculante da utilizzare nella pratica. La pratica della batterizzazione dei semi di leguminose è di largo uso in Italia come in numerosi paesi del mondo, inclusi quelli in via di sviluppo: solo per la soia si stima che 12-20 milioni di ettari vengano regolarmente inoculati ogni anno. Con l’evoluzione delle tecniche di lavorazione e delle conoscenze sull’ecologia dei rizobi sono disponibili oggi prodotti con standard qualitativi sempre più elevati. La ricerca per ceppi migliori si affianca alle prove di campo, tese a valutarne l’efficacia. Le sperimentazioni di pieno campo consentono inoltre di valutare la necessità di operare la batterizzazione della specie di leguminosa che s’intende seminare in quel determinato suolo. In tal senso le prove in campo rappresentano il punto finale a conferma (o smentita) della rilevante mole di lavoro svolta preventivamente in laboratorio ed in ambiente controllato (per esempio fitotrone). Infatti, per quanto sofisticate siano le tecniche utilizzate nella sperimentazione in ambiente controllato, esse non potranno mai simulare a pieno la complessità del suolo. Basti ricordare alcuni fattori quali l'acidità del suolo e le condizioni di umidità che influiscono sulla sopravvivenza dell'inoculo, la presenza di sostanze tossiche per i rizobi, l'antagonismo microbico che ne può ostacolare la moltiplicazione e la persistenza nella rizosfera, la concentrazione di alcuni importanti ioni che può influenzare l'efficacia della nodulazione, la presenza di ceppi indigeni che possono competere per la nodulazione con i ceppi di nuova introduzione, le temperature troppo elevate o troppo ridotte che possono ritardare la formazione dei noduli e l'inizio della fase di azotofissazione, la scarsità di alcuni elementi nutritivi minerali che possono interferire con le funzioni del nodulo.Così come le varie specie di leguminose, i batteri simbionti sono nel suolo largamente distribuiti. L’inoculazione dei semi di leguminose è opportuna e potenzialmente utile in terreni privi o contenenti fino a 10-100 rizobi per grammo di suolo (Catroux et al 2001). La maggior parte dei siti scelti per la sperimentazione può contenere popolazioni di una o più specie ed è quindi necessario conoscerne le caratteristiche al fine di valutarne la potenziale influenza sui risultati dell'operazione. Fra i parametri che maggiormente possono influenzare le sperimentazioni in pieno campo sono le dimensioni e le proprietà simbiotiche delle popolazioni indigene. Entrambi i fattori vanno messi in relazione con i fenomeni di competizione tra ceppi e, di conseguenza, con il successo dell'inoculo nel formare noduli sulla pianta in esame. Pur non sottovalutando i fenomeni di antagonismo tra microrganismi di specie diverse, i fenomeni di competizione tra ceppi della stessa specie sono quelli che, nella pratica, si possono osservare più facilmente. Per esempio, se s’intendono condurre prove di nodulazione in pieno campo su trifoglio (Trifolium spp) soltanto ceppi residenti di Rhizobium leguminosarum bv trifolii possono interferire con i risultati della sperimentazione. In definitiva, la valutazione delle capacità competitive dei ceppi indigeni che verranno in stretto contatto con i ceppi di nuova introduzione si può ottenere da una stima numerica delle principali popolazioni di rizobio del suolo e della loro attitudine a formare noduli efficienti sulla pianta ospite.

Inoculanti microbici con batteri simbionti. Produzione, uso in pieno campo, effetti agronomici

BASAGLIA, MARINA;SQUARTINI, ANDREA;CASELLA, SERGIO
2006

Abstract

I batteri appartenenti ai generi Rhizobium (14 specie), Sinorhizobium (11 specie), Mesorhizobium (10 specie), Azorhizobium (1 specie), Allorhizobium (1 specie) e Bradyrhizobium (4 specie), alfa-proteobatteri bastoncellari gram negativi, comprendono numerose specie e biovar. La loro classificazione, in rapida e continua evoluzione, si è basata per lungo tempo sulle specifiche capacità di instaurare rapporti di associazione simbiotica con specifici generi di piante leguminose, che provocano la formazione di speciali strutture conosciute col nome di noduli radicali o tubercoli. In essi i batteri subiscono modificazioni fisiologiche e morfologiche ed esprimono la capacità di catalizzare la trasformazione dell'azoto atmosferico in ammoniaca (azotofissazione), che viene utilizzata dalla leguminosa ospite. Essi ottengono in cambio composti del carbonio derivanti dalle attività fotosintetiche della pianta stessa. Oggi, i parametri utilizzati per classificare i rizobi non si basano esclusivamente sulla specificità d'ospite ma anche su un certo numero di caratteristiche fisiologiche, biochimiche e genetiche proprie del microrganismo. Per la classificazione, in continuo aggiornamento, si rimanda a siti web quali: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/Taxonomy/taxonomyhome.html/ http://www.rhizobia.co.nz/Rhizobia_Taxonomy.html http://www.biocenter.helsinki.fi/groups/lindstrom/taxonomyII/taxonomy.htm Le proprietà uniche di simbionti capaci di promuovere la crescita della pianta al punto da renderla indipendente dalla ricerca di fonti azotate nel terreno hanno reso i rizobi, fin dall’epoca della loro originaria scoperta a fine ’800 ad opera di Frank e di Beijerinck (Fred et al., 1932), oggetto di applicazione finalizzata a migliorare la produttività di leguminose da foraggio e da granella. Tale impiego peraltro non rappresenta che il proseguimento, con cognizione di causa microbiologica, di una pratica già empiricamente effettuata sin dall’epoca romana, consistente nell’attuare la rotazione di un cereale con una coltura di leguminose, già note come piante miglioratrici del suolo. In epoca moderna, i fattori produttivi, uniti al contenimento degli input di nitrati nell’ambiente, hanno stimolato l’impiego della batterizzazione del seme di leguminose e il parallelo sviluppo della ricerca sulle basi molecolari della simbiosi, quali strategie esemplari al servizio di un’agricoltura in armonia con l’ambiente. Si può ritenere che l’inoculazione delle leguminose sia probabilmente la più estesa e antica pratica di rilascio deliberato di microrganismi nell’ambiente. Oggigiorno, le leguminose più frequentemente trattate con inoculanti a base di rizobi sono riportate nella Tabella 1. Nella medesima tabella vengono anche riportati i valori relativi alnumero di batteri per seme e di semi per kg al fine di determinare con maggiore esattezza le quantità di inoculante da utilizzare nella pratica. La pratica della batterizzazione dei semi di leguminose è di largo uso in Italia come in numerosi paesi del mondo, inclusi quelli in via di sviluppo: solo per la soia si stima che 12-20 milioni di ettari vengano regolarmente inoculati ogni anno. Con l’evoluzione delle tecniche di lavorazione e delle conoscenze sull’ecologia dei rizobi sono disponibili oggi prodotti con standard qualitativi sempre più elevati. La ricerca per ceppi migliori si affianca alle prove di campo, tese a valutarne l’efficacia. Le sperimentazioni di pieno campo consentono inoltre di valutare la necessità di operare la batterizzazione della specie di leguminosa che s’intende seminare in quel determinato suolo. In tal senso le prove in campo rappresentano il punto finale a conferma (o smentita) della rilevante mole di lavoro svolta preventivamente in laboratorio ed in ambiente controllato (per esempio fitotrone). Infatti, per quanto sofisticate siano le tecniche utilizzate nella sperimentazione in ambiente controllato, esse non potranno mai simulare a pieno la complessità del suolo. Basti ricordare alcuni fattori quali l'acidità del suolo e le condizioni di umidità che influiscono sulla sopravvivenza dell'inoculo, la presenza di sostanze tossiche per i rizobi, l'antagonismo microbico che ne può ostacolare la moltiplicazione e la persistenza nella rizosfera, la concentrazione di alcuni importanti ioni che può influenzare l'efficacia della nodulazione, la presenza di ceppi indigeni che possono competere per la nodulazione con i ceppi di nuova introduzione, le temperature troppo elevate o troppo ridotte che possono ritardare la formazione dei noduli e l'inizio della fase di azotofissazione, la scarsità di alcuni elementi nutritivi minerali che possono interferire con le funzioni del nodulo.Così come le varie specie di leguminose, i batteri simbionti sono nel suolo largamente distribuiti. L’inoculazione dei semi di leguminose è opportuna e potenzialmente utile in terreni privi o contenenti fino a 10-100 rizobi per grammo di suolo (Catroux et al 2001). La maggior parte dei siti scelti per la sperimentazione può contenere popolazioni di una o più specie ed è quindi necessario conoscerne le caratteristiche al fine di valutarne la potenziale influenza sui risultati dell'operazione. Fra i parametri che maggiormente possono influenzare le sperimentazioni in pieno campo sono le dimensioni e le proprietà simbiotiche delle popolazioni indigene. Entrambi i fattori vanno messi in relazione con i fenomeni di competizione tra ceppi e, di conseguenza, con il successo dell'inoculo nel formare noduli sulla pianta in esame. Pur non sottovalutando i fenomeni di antagonismo tra microrganismi di specie diverse, i fenomeni di competizione tra ceppi della stessa specie sono quelli che, nella pratica, si possono osservare più facilmente. Per esempio, se s’intendono condurre prove di nodulazione in pieno campo su trifoglio (Trifolium spp) soltanto ceppi residenti di Rhizobium leguminosarum bv trifolii possono interferire con i risultati della sperimentazione. In definitiva, la valutazione delle capacità competitive dei ceppi indigeni che verranno in stretto contatto con i ceppi di nuova introduzione si può ottenere da una stima numerica delle principali popolazioni di rizobio del suolo e della loro attitudine a formare noduli efficienti sulla pianta ospite.
2006
Agricoltura Sostenibile interazioni benefiche tra piante e microrganismi
9788879474382
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