Il contributo prende in esame i testi di un gruppo di iscrizioni latine desunte dal Corpus dell’Epigrafia Medievale padovana caratterizzate dalla presenza di un EGO parlante, fittiziamente coincidente col supporto materiale dell’epigrafe o col suo referente, che interloquisce in vario modo con un TU ravvisabile nel fruitore dell’iscrizione stessa. Per definire al meglio il (sotto)corpus di riferimento, l’analisi delle vere e proprie IP è preceduta dall’esame delle altre tipologie testuali in cui compare un EGO: citazioni di altri testi in prima persona e iscrizioni ‘interpellanti’, dove l’EGO implicito che si rivolge al TU-lettore è quello del produttore del testo, o in cui il TU interloquito è ‘ipostatico’ (preghiere) o ‘interno’ al testo stesso (iscrizioni funebri rivolte al defunto) cioè di fatto un ILLE a cui il lettore si rivolge assumendo i panni dell’EGO, o ancora in cui l’EGO-produttore del testo si rivolge a un TU ‘ipostatico’ o anche al TU-lettore parlando di se stesso in terza persona. Le IP sono quindi considerate sotto il profilo comunicazionale distinguendo i vari tipi di EGO parlante (singolare, plurale inclusivo o meno di un TU o di un ILLE, supporto dell’iscrizione (vere IP) o defunto che si autopresenta ai posteri (pseudo-IP), ecc.) e di TU-lettore interloquito (singolo o plurale, fisso o alternante con altri TU o con ILLE) e le varie modalità di interlocuzione (allocuzione, illocuzione, dialogo fittizio, ecc.). L’analisi sviluppata permette quindi da un lato di riconoscere le iscrizioni delle sepolture di Erasmo da Narni ‘Gattamelata’ e del figlio Gianantonio, per certi versi enigmatiche, come parti di un unico testo monologico (il cui l’EGO-padre prima si autopresenta, poi si rivolge al TU-figlio mediando le due sezioni con un NOS e infine torna a parlare di se stesso in terza persona come ILLE) e dall’altro di stabilire un utile confronto con il corpus delle IP dell’Italia antica e le analisi a suo tempo proposte da Agostiniani 1982, rilevando come, al contrario di quanto avveniva nell’antichità, nel medioevo padovano le iscrizioni ‘pseudoparlanti’ siano assai più numerose di quelle propriamente parlanti e come la tipologia testuale documentata sia assai più varia e meno formulare (sebbene non siano del tutto assenti stilemi formulari come le dichiarazioni d’artefice o di committenza ‘X me fecit’ o quelli derivati dal virgiliano ‘Mantua me genuit’). Si osserva infine la decisa prevalenza dei casi di mancata lessicalizzazione sia dell’EGO parlante che del TU interpellato, la frequentissima collocazione delle forme pronominali, così come di altre forme deboli, in seconda posizione lineare, anche intercalate all’interno dei costituenti sintattici, secondo la norma antica conosciuta come ‘Legge di Wackernagel’, e la corrispondente frequenza di grafie univerbate di preposizioni, congiunzioni, complementatori, ecc., che ne indizia la natura di clitici almeno fonologici. Le sezioni curate dalla coautrice G.F. si sostanziano nella conferma, basata sulla storia della pratica della ‘scrittura esposta’ in età medievale, su quella redazionale dei testi considerati e sull’esame dei loro contenuti, delle analisi linguistiche e comunicative sviluppate da F.B.

'Iscrizioni parlanti' e 'iscrizioni interpellanti' nell'epigrafia medievale padovana

BENUCCI, FRANCO;FOLADORE, GIULIA
2008

Abstract

Il contributo prende in esame i testi di un gruppo di iscrizioni latine desunte dal Corpus dell’Epigrafia Medievale padovana caratterizzate dalla presenza di un EGO parlante, fittiziamente coincidente col supporto materiale dell’epigrafe o col suo referente, che interloquisce in vario modo con un TU ravvisabile nel fruitore dell’iscrizione stessa. Per definire al meglio il (sotto)corpus di riferimento, l’analisi delle vere e proprie IP è preceduta dall’esame delle altre tipologie testuali in cui compare un EGO: citazioni di altri testi in prima persona e iscrizioni ‘interpellanti’, dove l’EGO implicito che si rivolge al TU-lettore è quello del produttore del testo, o in cui il TU interloquito è ‘ipostatico’ (preghiere) o ‘interno’ al testo stesso (iscrizioni funebri rivolte al defunto) cioè di fatto un ILLE a cui il lettore si rivolge assumendo i panni dell’EGO, o ancora in cui l’EGO-produttore del testo si rivolge a un TU ‘ipostatico’ o anche al TU-lettore parlando di se stesso in terza persona. Le IP sono quindi considerate sotto il profilo comunicazionale distinguendo i vari tipi di EGO parlante (singolare, plurale inclusivo o meno di un TU o di un ILLE, supporto dell’iscrizione (vere IP) o defunto che si autopresenta ai posteri (pseudo-IP), ecc.) e di TU-lettore interloquito (singolo o plurale, fisso o alternante con altri TU o con ILLE) e le varie modalità di interlocuzione (allocuzione, illocuzione, dialogo fittizio, ecc.). L’analisi sviluppata permette quindi da un lato di riconoscere le iscrizioni delle sepolture di Erasmo da Narni ‘Gattamelata’ e del figlio Gianantonio, per certi versi enigmatiche, come parti di un unico testo monologico (il cui l’EGO-padre prima si autopresenta, poi si rivolge al TU-figlio mediando le due sezioni con un NOS e infine torna a parlare di se stesso in terza persona come ILLE) e dall’altro di stabilire un utile confronto con il corpus delle IP dell’Italia antica e le analisi a suo tempo proposte da Agostiniani 1982, rilevando come, al contrario di quanto avveniva nell’antichità, nel medioevo padovano le iscrizioni ‘pseudoparlanti’ siano assai più numerose di quelle propriamente parlanti e come la tipologia testuale documentata sia assai più varia e meno formulare (sebbene non siano del tutto assenti stilemi formulari come le dichiarazioni d’artefice o di committenza ‘X me fecit’ o quelli derivati dal virgiliano ‘Mantua me genuit’). Si osserva infine la decisa prevalenza dei casi di mancata lessicalizzazione sia dell’EGO parlante che del TU interpellato, la frequentissima collocazione delle forme pronominali, così come di altre forme deboli, in seconda posizione lineare, anche intercalate all’interno dei costituenti sintattici, secondo la norma antica conosciuta come ‘Legge di Wackernagel’, e la corrispondente frequenza di grafie univerbate di preposizioni, congiunzioni, complementatori, ecc., che ne indizia la natura di clitici almeno fonologici. Le sezioni curate dalla coautrice G.F. si sostanziano nella conferma, basata sulla storia della pratica della ‘scrittura esposta’ in età medievale, su quella redazionale dei testi considerati e sull’esame dei loro contenuti, delle analisi linguistiche e comunicative sviluppate da F.B.
2008
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