Le mostre che Ugo Ojetti organizzò – o tentò di organizzare – a Firenze, fra 1908 e 1922, costituiscono un privilegiato osservatorio per comprendere temi e problemi del circuito espositivo italiano nel decennio precedente il fascismo. Chiariscono inoltre la particolare inclinazione pragmatica del giornalista, che tentò di rigenerare il sistema delle arti (conservazione, produzione, esposizioni, mercato), recuperando il rapporto con un vieppiù esteso bacino di fruitori/compratori, privati e istituzionali: in un gioco che inducesse gli uni ad assumere (da pittura, scultura, architettura e arti decorative) umori esteticamente e ideologicamente connotati; gli altri a promuovere un gusto funzionale alle predilezioni socio-politiche dominanti, non necessariamente coese con le migliori energie intellettuali. Sulle sue fatiche, indagate attraverso documentazione originale, l’articolo propone un’ampia ricognizione, riservando speciale attenzione alle iniziative naufragate, ai loro obiettivi e retroscena. Punti di riferimento fondamentale, per inquadrare la questione, sono: la Mostra del ritratto e i primi Progetti per una esposizione del giardino italiano (1908-1915); i Programmi e le Esposizioni fallite fra 1919 e 1920 (Pittura italiana del Seicento; Mostra del libro italiano; Mostra della pittura e scultura italiana dell’Ottocento; Mostra della pittura di paesaggio; Mostra del costume italiano e della moda; Mostra delle raccolte italiane d’arte orientale; Mostra di caccia e sport; Mostra dei mobili e degli arredi della casa italiana; Mostra dei pittori stranieri in Italia); la rinunzia alla Mostra del Trecento (1921) e le concomitanti polemiche con Benedetto Croce; la ricerca di un contatto stabile con la committenza ecclesiastica e il relativo patrocinio sulle arti, esaltato dalla situazione post-bellica; i lavori preparatori per la Mostra sul Sei e Settecento (1921-1922).

Un'identità da ridisegnare: esposizioni mancate nella Firenze di Ojetti (1908-1922)

NEZZO, MARTA
2012

Abstract

Le mostre che Ugo Ojetti organizzò – o tentò di organizzare – a Firenze, fra 1908 e 1922, costituiscono un privilegiato osservatorio per comprendere temi e problemi del circuito espositivo italiano nel decennio precedente il fascismo. Chiariscono inoltre la particolare inclinazione pragmatica del giornalista, che tentò di rigenerare il sistema delle arti (conservazione, produzione, esposizioni, mercato), recuperando il rapporto con un vieppiù esteso bacino di fruitori/compratori, privati e istituzionali: in un gioco che inducesse gli uni ad assumere (da pittura, scultura, architettura e arti decorative) umori esteticamente e ideologicamente connotati; gli altri a promuovere un gusto funzionale alle predilezioni socio-politiche dominanti, non necessariamente coese con le migliori energie intellettuali. Sulle sue fatiche, indagate attraverso documentazione originale, l’articolo propone un’ampia ricognizione, riservando speciale attenzione alle iniziative naufragate, ai loro obiettivi e retroscena. Punti di riferimento fondamentale, per inquadrare la questione, sono: la Mostra del ritratto e i primi Progetti per una esposizione del giardino italiano (1908-1915); i Programmi e le Esposizioni fallite fra 1919 e 1920 (Pittura italiana del Seicento; Mostra del libro italiano; Mostra della pittura e scultura italiana dell’Ottocento; Mostra della pittura di paesaggio; Mostra del costume italiano e della moda; Mostra delle raccolte italiane d’arte orientale; Mostra di caccia e sport; Mostra dei mobili e degli arredi della casa italiana; Mostra dei pittori stranieri in Italia); la rinunzia alla Mostra del Trecento (1921) e le concomitanti polemiche con Benedetto Croce; la ricerca di un contatto stabile con la committenza ecclesiastica e il relativo patrocinio sulle arti, esaltato dalla situazione post-bellica; i lavori preparatori per la Mostra sul Sei e Settecento (1921-1922).
2012
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