L’articolo analizza gli esiti di una rilevante pronuncia interpretativa di rigetto della Corte costituzionale. La Consulta - discostandosi da un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità - ritiene che ex art. 250, comma 4°, c.c., il minore infrasedicenne sia parte nel giudizio di opposizione al riconoscimento e che il giudice possa nominargli un curatore speciale quando si verifichi un conflitto tra i suoi interessi e quelli del genitore che lo ha riconosciuto per primo. L’autrice, pur senza sminuire la portata della pronuncia sul piano dell’affermazione di un principio, sottolinea criticamente come il suo impatto rischi di essere ridimensionato per l’esclusione del conflitto di interessi in re ipsa e per l’indicazione ondivaga dei criteri per individuarlo. Inoltre, sul versante del percorso argomentativo, viene rilevato come l’utilizzo dell’interpretazione sistematica, in luogo di argomenti “interni alla disposizione”, risulti tortuoso e meno stringente, pur conducendo alle medesime conclusioni. Infine, l’autrice offre un proprio contributo - senz’altro originale - provando a comporre il “puzzle” risultante dalla decisione della Consulta e dalla possibile novellazione dell’art. 250 c.c. ad opera del recente disegno di legge di riforma della filiazione (testo approvato dalla Camera il 30 giugno 2011).

Il minore è parte nel procedimento ex art. 250, comma 4°, c.c.: luci e ombre nella sentenza della Consulta

CINQUE, MADDALENA
2012

Abstract

L’articolo analizza gli esiti di una rilevante pronuncia interpretativa di rigetto della Corte costituzionale. La Consulta - discostandosi da un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità - ritiene che ex art. 250, comma 4°, c.c., il minore infrasedicenne sia parte nel giudizio di opposizione al riconoscimento e che il giudice possa nominargli un curatore speciale quando si verifichi un conflitto tra i suoi interessi e quelli del genitore che lo ha riconosciuto per primo. L’autrice, pur senza sminuire la portata della pronuncia sul piano dell’affermazione di un principio, sottolinea criticamente come il suo impatto rischi di essere ridimensionato per l’esclusione del conflitto di interessi in re ipsa e per l’indicazione ondivaga dei criteri per individuarlo. Inoltre, sul versante del percorso argomentativo, viene rilevato come l’utilizzo dell’interpretazione sistematica, in luogo di argomenti “interni alla disposizione”, risulti tortuoso e meno stringente, pur conducendo alle medesime conclusioni. Infine, l’autrice offre un proprio contributo - senz’altro originale - provando a comporre il “puzzle” risultante dalla decisione della Consulta e dalla possibile novellazione dell’art. 250 c.c. ad opera del recente disegno di legge di riforma della filiazione (testo approvato dalla Camera il 30 giugno 2011).
2012
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