Ha scritto un costituzionalista illustre - Livio Paladin - che «è significativo che molte … argomentazioni e … impostazioni riecheggino tuttora, offrendo un chiaro esempio di come certi schemi concettuali resistano agli stessi mutamenti delle forme di Stato e di governo». Ha osservato un giuspubblicista autorevole - Vittorio Italia - che «il termine “concetto” indica … un’idea, il nucleo basilare di un’astrazione, una costruzione intellettuale deduttiva, la rappresentazione logica di una realtà. Il concetto è espresso da parole, ma è “dentro” alla parola o alle parole». È l’immanenza che ne determina la forza. Nella storia della Repubblica ha vinto finora il principio unitario, dal momento che - realisticamente - l’autonomia è stata o apparente o senza regole. Non si è mai ragionato - è il pensiero di Silvio Trentin - così: «Poiché la vita secondo Diritto ha come supporto l’autonomia - l’autonomia della persona e la corrispondente autonomia dei centri di determinazione della volontà collettiva - lo Stato non può essere concepito che come il regime delle autonomie». Ma si possono coltivare simili pensieri se - il rilievo è di Piero Gobetti - non si è consapevoli del fatto che «i sistemi amministrativi corrispondono a un metodo di vita parassitaria»? È l’inclinazione dell’uomo, della vita: dunque, delle istituzioni, mai assoggettate a processi di rottura culturale, che avrebbero generato riforme cariche di discontinuità. La prova provata della fondatezza di questo genere di rilievi la si può offrire, sinteticamente, osservando che i principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118, co. 1°) sono rimasti sulla carta: declamati e mai seriamente applicati. Perché a regimi giuridici unitari e a tagli lineari sono succeduti regimi e tagli di risorse sempre e soltanto indifferenziati. Questa è la vera, profonda, indistruttibile criticità del nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione, il cui testo è stato letto all’antica. È una criticità che ha a che fare con i concetti e la cultura. Uno dei capisaldi è il seguente – sono le parole di Massimo Severo Giannini –: «l’amministrazione richiede strumenti semplici e chiari». Inoltre, la raccolta delle risorse e la relativa spesa debbono essere a carico di ciascun livello di governo: responsabile, secondo la prospettiva di un federalismo vero.

Le innovazioni e le criticità del nuovo Titolo V

BERTOLISSI, MARIO
2011

Abstract

Ha scritto un costituzionalista illustre - Livio Paladin - che «è significativo che molte … argomentazioni e … impostazioni riecheggino tuttora, offrendo un chiaro esempio di come certi schemi concettuali resistano agli stessi mutamenti delle forme di Stato e di governo». Ha osservato un giuspubblicista autorevole - Vittorio Italia - che «il termine “concetto” indica … un’idea, il nucleo basilare di un’astrazione, una costruzione intellettuale deduttiva, la rappresentazione logica di una realtà. Il concetto è espresso da parole, ma è “dentro” alla parola o alle parole». È l’immanenza che ne determina la forza. Nella storia della Repubblica ha vinto finora il principio unitario, dal momento che - realisticamente - l’autonomia è stata o apparente o senza regole. Non si è mai ragionato - è il pensiero di Silvio Trentin - così: «Poiché la vita secondo Diritto ha come supporto l’autonomia - l’autonomia della persona e la corrispondente autonomia dei centri di determinazione della volontà collettiva - lo Stato non può essere concepito che come il regime delle autonomie». Ma si possono coltivare simili pensieri se - il rilievo è di Piero Gobetti - non si è consapevoli del fatto che «i sistemi amministrativi corrispondono a un metodo di vita parassitaria»? È l’inclinazione dell’uomo, della vita: dunque, delle istituzioni, mai assoggettate a processi di rottura culturale, che avrebbero generato riforme cariche di discontinuità. La prova provata della fondatezza di questo genere di rilievi la si può offrire, sinteticamente, osservando che i principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118, co. 1°) sono rimasti sulla carta: declamati e mai seriamente applicati. Perché a regimi giuridici unitari e a tagli lineari sono succeduti regimi e tagli di risorse sempre e soltanto indifferenziati. Questa è la vera, profonda, indistruttibile criticità del nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione, il cui testo è stato letto all’antica. È una criticità che ha a che fare con i concetti e la cultura. Uno dei capisaldi è il seguente – sono le parole di Massimo Severo Giannini –: «l’amministrazione richiede strumenti semplici e chiari». Inoltre, la raccolta delle risorse e la relativa spesa debbono essere a carico di ciascun livello di governo: responsabile, secondo la prospettiva di un federalismo vero.
2011
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