La sempre maggiore diffusione degli screening uditivi neonatali universali ha portato a un notevole aumento del numero di bambini che vengono avviati a un iter diagnostico precoce dai tre ai sei mesi di vita. È in questo arco di età, infatti, che si devono concludere le procedure di retest dello screening uditivo e che devono essere acquisite le informazioni audiologiche necessarie' alle procedure di abilitazione protesica, che sono la base di una adeguata stimolazione che inneschi i processi neurali della percezione uditiva. Uno degli aspetti più importanti della diagnosi audiologica in un bambino di tre-sei mesi è la necessità di disporre di dati sufficientemente affidabili e precisi per ridurre le due maggiori criticità diagnostiche: il riconoscimento del consistente numero di bambini falsi positivi presenti nelle procedure di screening e una corretta indicazione all'impianto cocleare soprattutto se quest'ultimo viene effettuato nel primo anno di vita. Ed è quindi proprio nel termine "affidabilità" che nell'ultimo decennio è stata avviata una revisione critica delle procedure diagnostiche, sia dell’audiometria infantile sia della validità tradizionalmente attribuita alla registrazione dei potenziali evocati uditivi del tronco (Auditory Brainstem Response, ABR). Di fatto, la registrazione dell'ABR fornisce una valutazione indiretta della funzionalità della periferia uditiva, configurandosi, quindi, non come modalità di accertamento della soglia, ma come mezzo che ne fornisce una stima indiretta. L'audiometria infantile, d’altra parte, è sicuramente un esame importante ma che, comunque, a sei mesi di vita manca dei requisiti di precisi e necessari ad una corretta prescrizione protesica in un bambino ipoacusico. Ovviamente, l'audiometria deve essere sempre eseguita e svolge un ruolo essenziale nel confermare o meno i dati elettrofisiologici aprendo, in caso di evidenti discrepanze, la necessità di ricorrere a indagini più approfondite. Infatti, tutte le possibili variabili che entrano in gioco nel complicato rapporto porto tra strutturazione della risposta ABR e sensibilità del recettore periferico pregiudicano criticamente l'affidabilità della metodica nella stima della soglia uditiva. Il cardine diagnostico, quindi, sul quale si deve basare la diagnosi audiologica in un bambino prima dell'anno di età è il corretto utilizzo delle metodiche elettrofisiologiche per arrivare a due obiettivi: una misura sufficientemente precisa della soglia monoaurale e una diagnosi di sede del danno uditivo periferico alla luce delle patologie del recettore uditivo che oggi emergono sempre più numerose.

L'iter diagnostico audiologico precoce

ARSLAN, EDOARDO;SCIMEMI, PIETRO;ROSSI, ROBERTA;SANTARELLI, ROSAMARIA
2011

Abstract

La sempre maggiore diffusione degli screening uditivi neonatali universali ha portato a un notevole aumento del numero di bambini che vengono avviati a un iter diagnostico precoce dai tre ai sei mesi di vita. È in questo arco di età, infatti, che si devono concludere le procedure di retest dello screening uditivo e che devono essere acquisite le informazioni audiologiche necessarie' alle procedure di abilitazione protesica, che sono la base di una adeguata stimolazione che inneschi i processi neurali della percezione uditiva. Uno degli aspetti più importanti della diagnosi audiologica in un bambino di tre-sei mesi è la necessità di disporre di dati sufficientemente affidabili e precisi per ridurre le due maggiori criticità diagnostiche: il riconoscimento del consistente numero di bambini falsi positivi presenti nelle procedure di screening e una corretta indicazione all'impianto cocleare soprattutto se quest'ultimo viene effettuato nel primo anno di vita. Ed è quindi proprio nel termine "affidabilità" che nell'ultimo decennio è stata avviata una revisione critica delle procedure diagnostiche, sia dell’audiometria infantile sia della validità tradizionalmente attribuita alla registrazione dei potenziali evocati uditivi del tronco (Auditory Brainstem Response, ABR). Di fatto, la registrazione dell'ABR fornisce una valutazione indiretta della funzionalità della periferia uditiva, configurandosi, quindi, non come modalità di accertamento della soglia, ma come mezzo che ne fornisce una stima indiretta. L'audiometria infantile, d’altra parte, è sicuramente un esame importante ma che, comunque, a sei mesi di vita manca dei requisiti di precisi e necessari ad una corretta prescrizione protesica in un bambino ipoacusico. Ovviamente, l'audiometria deve essere sempre eseguita e svolge un ruolo essenziale nel confermare o meno i dati elettrofisiologici aprendo, in caso di evidenti discrepanze, la necessità di ricorrere a indagini più approfondite. Infatti, tutte le possibili variabili che entrano in gioco nel complicato rapporto porto tra strutturazione della risposta ABR e sensibilità del recettore periferico pregiudicano criticamente l'affidabilità della metodica nella stima della soglia uditiva. Il cardine diagnostico, quindi, sul quale si deve basare la diagnosi audiologica in un bambino prima dell'anno di età è il corretto utilizzo delle metodiche elettrofisiologiche per arrivare a due obiettivi: una misura sufficientemente precisa della soglia monoaurale e una diagnosi di sede del danno uditivo periferico alla luce delle patologie del recettore uditivo che oggi emergono sempre più numerose.
2011
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