Anche attraverso la lente rappresentata dalla fonte epigrafica, specificatamente tardo medievale, è possibile osservare come si delinea la figura della donna nel suo rapporto con la famiglia, in particolare all’interno delle iscrizioni funerarie, che dell’epigrafia rappresentano una sorta di declinazione assolutamente originale e con caratteri autonomi. Se osserviamo ad esempio l’epigrafia funeraria che commemora le famiglie eminenti sia romane che padovane – ma il discorso potrebbe valere anche per altri contesti italiani -, valutando i contenuti e i linguaggi delle iscrizioni che riguardano le donne, troviamo innanzitutto come non sia infrequente che in un’unica sepoltura riposino la defunta e qualche suo famigliare, di norma il marito, talvolta il figlio o il padre (più di rado un fratello o una sorella), secondo una prassi assai attestata anche altrove. Quando invece le tombe sono dedicate in via esclusiva alle donne e non al ricordo collettivo di un gruppo parentale, se non dell’intero nucleo famigliare, esse risultano spesso essenziali. Essenziali tanto nelle loro strutture, in uno stridente contrasto con la ridondanza celebrativa che promana dai monumenti e dalle epigrafi funebri di personaggi di sesso maschile, quanto nelle epigrafi che le accompagnano, in cui, ripetendo un formulario stereotipato, della defunta si danno le coordinate parentali verticali, dunque se ne menziona il nome accostandolo regolarmente a quello del coniuge, accanto o in sostituzione a quello del padre, che si ritrova con grande frequenza. La mancata emancipazione femminile dai tradizionali e inevitabili ruoli biologici e la correlata subordinazione in particolare al marito vengono sottolineate anche dalle parole con cui si commemorano le donne, che si aprono solo eccezionalmente a un generico elogio delle loro virtù, mentre spesso si lodano le virtù del marito. La sensazione forte, che ritorna sempre, è che le donne contano forse solo quando escono dai ruoli predefiniti e inevitabili e ne assumono altri, che possono essere quelli istituzionali, ad esempio all’interno delle gerarchie ecclesiastiche, o che derivano piuttosto dall’essere consorti di uomini potenti. Oppure quando si ritrovano a essere le uniche rappresentanti della famiglia e sono le committenti di un’iscrizione. In buona sostanza, le epigrafi che vedono come protagoniste attive, anzi autonome delle donne sono assai rare; in particolare le iscrizioni che accompagnano le tombe femminili diventano, o forse sono da subito in tal modo intese, anche e soprattutto il luogo della celebrazione della famiglia, in cui la defunta è onorata in modo indiretto, oscurata dall’ombra incombente e ingombrante dei suoi congiunti maschi che su di lei viene sempre proiettata e che impedisce una messa a fuoco chiara dell’identità e dell’individualità femminile. La donna insomma è una figura passiva, il cui ricordo personale serve a rafforzare ulteriormente quello del marito, del padre, del figlio, del fratello, quando non quello del nucleo parentale, quasi che, slegata dai vincoli e dai contesti famigliari, la donna non possa più esistere come individuo autonomo.

L'impossibilità di essere autonoma. Donne e famiglia nelle fonti epigrafiche tardomedievali

GIOVE', NICOLETTA
2011

Abstract

Anche attraverso la lente rappresentata dalla fonte epigrafica, specificatamente tardo medievale, è possibile osservare come si delinea la figura della donna nel suo rapporto con la famiglia, in particolare all’interno delle iscrizioni funerarie, che dell’epigrafia rappresentano una sorta di declinazione assolutamente originale e con caratteri autonomi. Se osserviamo ad esempio l’epigrafia funeraria che commemora le famiglie eminenti sia romane che padovane – ma il discorso potrebbe valere anche per altri contesti italiani -, valutando i contenuti e i linguaggi delle iscrizioni che riguardano le donne, troviamo innanzitutto come non sia infrequente che in un’unica sepoltura riposino la defunta e qualche suo famigliare, di norma il marito, talvolta il figlio o il padre (più di rado un fratello o una sorella), secondo una prassi assai attestata anche altrove. Quando invece le tombe sono dedicate in via esclusiva alle donne e non al ricordo collettivo di un gruppo parentale, se non dell’intero nucleo famigliare, esse risultano spesso essenziali. Essenziali tanto nelle loro strutture, in uno stridente contrasto con la ridondanza celebrativa che promana dai monumenti e dalle epigrafi funebri di personaggi di sesso maschile, quanto nelle epigrafi che le accompagnano, in cui, ripetendo un formulario stereotipato, della defunta si danno le coordinate parentali verticali, dunque se ne menziona il nome accostandolo regolarmente a quello del coniuge, accanto o in sostituzione a quello del padre, che si ritrova con grande frequenza. La mancata emancipazione femminile dai tradizionali e inevitabili ruoli biologici e la correlata subordinazione in particolare al marito vengono sottolineate anche dalle parole con cui si commemorano le donne, che si aprono solo eccezionalmente a un generico elogio delle loro virtù, mentre spesso si lodano le virtù del marito. La sensazione forte, che ritorna sempre, è che le donne contano forse solo quando escono dai ruoli predefiniti e inevitabili e ne assumono altri, che possono essere quelli istituzionali, ad esempio all’interno delle gerarchie ecclesiastiche, o che derivano piuttosto dall’essere consorti di uomini potenti. Oppure quando si ritrovano a essere le uniche rappresentanti della famiglia e sono le committenti di un’iscrizione. In buona sostanza, le epigrafi che vedono come protagoniste attive, anzi autonome delle donne sono assai rare; in particolare le iscrizioni che accompagnano le tombe femminili diventano, o forse sono da subito in tal modo intese, anche e soprattutto il luogo della celebrazione della famiglia, in cui la defunta è onorata in modo indiretto, oscurata dall’ombra incombente e ingombrante dei suoi congiunti maschi che su di lei viene sempre proiettata e che impedisce una messa a fuoco chiara dell’identità e dell’individualità femminile. La donna insomma è una figura passiva, il cui ricordo personale serve a rafforzare ulteriormente quello del marito, del padre, del figlio, del fratello, quando non quello del nucleo parentale, quasi che, slegata dai vincoli e dai contesti famigliari, la donna non possa più esistere come individuo autonomo.
2011
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2496041
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