Il processo mediante il quale la violenza nei confronti delle donne ha cominciato a essere rappresentata e considerata come un problema inquadrabile nel contesto del discorso diritti umani e regolabile utilizzando gli strumenti politici che questo diritto crea, ha richiesto l’abbattimento della divisione pubblico/privato e perciò il superamento di questa dicotomia anche sul piano normativo. Tale processo ha permesso la messa a punto di risposte istituzionali che hanno privilegiato in questi anni il terreno della criminalizzazione di tutta una serie di condotte recuperando nel diritto penale la soluzione principe di un problema che in realtà presenta caratteristiche e numeri non riducibili alla semplice dimensione, spesso individualistica, del rapporto che lega la vittima all’autore di reato. La violenza contro le donne è quindi una questione squisitamente politica oggi riconosciuta tale anche nei documenti istituzionali: politica è infatti la sua definizione, perché essa è strettamente ancorata alla dimensione storica in cui si colloca, politici sono i dispositivi normativi e operativi che la disciplinano e che supportano la protezione delle vittime così come politica è stata in un preciso momento storico la scelta del movimento femminista di utilizzare lo strumento del diritto per lottare contro la violenza rendendo evidente che ciò che fino a un determinato momento storico aveva costituito un fatto esclusivamente privato e personale diveniva pubblico e politico.Di fatto, sia gli strumenti di carattere giuridico, così come quelli più prettamente ispirati a una dimensione di policy human rights oriented messi a punto recentemente a livello intergovernativo o sopranazionale, pongono sulla dimensione della criminalizzazione e sulla conseguente vittimizzazione dei soggetti passivi coinvolti una grande enfasi. Ciò sta inequivocabilmente a segnalare la centralità che oggi hanno assunto i profili repressivi e della criminalizzazione di queste condotte singolarmente trattate, piuttosto che le iniziative di tipo preventivo, ove invece l’attenzione non potrebbe che essere posta sulla potenziale «vicinanza» o «familiarità» che tutte le donne potrebbero avere con la violenza o quelli legati alla protezione in chiave preventiva. È evidente che tale impostazione sposta il baricentro delle argomentazioni che normalmente si presentano quando si parla di violenza, dal dato individuale o della singola vicenda al fatto sociale e alle dinamiche che lo alimentano.

La dimensione operativa della protezione delle donne vittime di violenza nella prospettiva dei diritti umani

DEGANI, PAOLA
2012

Abstract

Il processo mediante il quale la violenza nei confronti delle donne ha cominciato a essere rappresentata e considerata come un problema inquadrabile nel contesto del discorso diritti umani e regolabile utilizzando gli strumenti politici che questo diritto crea, ha richiesto l’abbattimento della divisione pubblico/privato e perciò il superamento di questa dicotomia anche sul piano normativo. Tale processo ha permesso la messa a punto di risposte istituzionali che hanno privilegiato in questi anni il terreno della criminalizzazione di tutta una serie di condotte recuperando nel diritto penale la soluzione principe di un problema che in realtà presenta caratteristiche e numeri non riducibili alla semplice dimensione, spesso individualistica, del rapporto che lega la vittima all’autore di reato. La violenza contro le donne è quindi una questione squisitamente politica oggi riconosciuta tale anche nei documenti istituzionali: politica è infatti la sua definizione, perché essa è strettamente ancorata alla dimensione storica in cui si colloca, politici sono i dispositivi normativi e operativi che la disciplinano e che supportano la protezione delle vittime così come politica è stata in un preciso momento storico la scelta del movimento femminista di utilizzare lo strumento del diritto per lottare contro la violenza rendendo evidente che ciò che fino a un determinato momento storico aveva costituito un fatto esclusivamente privato e personale diveniva pubblico e politico.Di fatto, sia gli strumenti di carattere giuridico, così come quelli più prettamente ispirati a una dimensione di policy human rights oriented messi a punto recentemente a livello intergovernativo o sopranazionale, pongono sulla dimensione della criminalizzazione e sulla conseguente vittimizzazione dei soggetti passivi coinvolti una grande enfasi. Ciò sta inequivocabilmente a segnalare la centralità che oggi hanno assunto i profili repressivi e della criminalizzazione di queste condotte singolarmente trattate, piuttosto che le iniziative di tipo preventivo, ove invece l’attenzione non potrebbe che essere posta sulla potenziale «vicinanza» o «familiarità» che tutte le donne potrebbero avere con la violenza o quelli legati alla protezione in chiave preventiva. È evidente che tale impostazione sposta il baricentro delle argomentazioni che normalmente si presentano quando si parla di violenza, dal dato individuale o della singola vicenda al fatto sociale e alle dinamiche che lo alimentano.
2012
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