l'Autore coglie l'occasione offerta da due ordinanze interlocutorie della Suprema Corte per indagare la reale portata della “rinuncia agli atti di causa”, che l’art. 75 co. 1 c.p.p. ricollega al trasferimento dell’azione civile di danno in sede penale. L’A. analizza gli elementi di specialità esibiti da questa peculiare forma di chiusura del processo civile, che si rivela irriducibile alla ordinaria estinzione per rinuncia agli atti di cui all’art. 306 c.p.c. e più vicina ad un peculiare adattamento della disciplina della litispendenza ovvero ad una forma di temporanea improseguibilità del processo civile trasferito in altra sede. In particolare, considerazioni sistematiche inducono l’A. a propendere per questa seconda, più duttile lettura, che rende possibile la riassunzione (anziché la riproposizione ex novo) del processo civile quando in sede penale non sia più possibile decidere sulla pretesa civilistica. Ponendosi in questa prospettiva, nemmeno vi sarebbe spazio in fase di impugnazione per la declaratoria di invalidità della sentenza civile di merito, pronunciata nonostante il già avvenuto trasferimento (non rilevato in primo grado), se nel frattempo la pendenza della pretesa risarcitoria in sede penale fosse venuta meno.
Il trasferimento dell’azione civile in sede penale e la sorte del giudizio civile: estinzione definitiva o temporaneo impedimento alla trattazione ? nota a Cass. ord. 17.5.2012 n. 7820 e Cass. ord. 8.10.2012 n. 17137
NEGRI, MARCELLA
2013
Abstract
l'Autore coglie l'occasione offerta da due ordinanze interlocutorie della Suprema Corte per indagare la reale portata della “rinuncia agli atti di causa”, che l’art. 75 co. 1 c.p.p. ricollega al trasferimento dell’azione civile di danno in sede penale. L’A. analizza gli elementi di specialità esibiti da questa peculiare forma di chiusura del processo civile, che si rivela irriducibile alla ordinaria estinzione per rinuncia agli atti di cui all’art. 306 c.p.c. e più vicina ad un peculiare adattamento della disciplina della litispendenza ovvero ad una forma di temporanea improseguibilità del processo civile trasferito in altra sede. In particolare, considerazioni sistematiche inducono l’A. a propendere per questa seconda, più duttile lettura, che rende possibile la riassunzione (anziché la riproposizione ex novo) del processo civile quando in sede penale non sia più possibile decidere sulla pretesa civilistica. Ponendosi in questa prospettiva, nemmeno vi sarebbe spazio in fase di impugnazione per la declaratoria di invalidità della sentenza civile di merito, pronunciata nonostante il già avvenuto trasferimento (non rilevato in primo grado), se nel frattempo la pendenza della pretesa risarcitoria in sede penale fosse venuta meno.Pubblicazioni consigliate
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