In un tempo in cui la “tutela della salute” si trova a dover essere bilanciata con forti esigenze di contenimento della spesa e l’organizzazione della sanità a dover essere ripensata al fine di venire incontro all’aumento della domanda di servizi utilizzando al meglio le (limitate) risorse disponibili, diviene quanto mai essenziale concentrare l’attenzione sulla governance delle strutture che costituiscono i principali presidi del Servizio sanitario nel territorio: le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere. Articolata una sintetica analisi della figura del direttore generale A.u.l.s.s., in generale e mediante l’illustrazione di un caso concreto verificatosi nel Veneto di recente, il saggio offre alcune considerazioni circa il particolare ruolo svolto dal direttore generale nell’ambito del sistema sanitario regionale e nazionale. A capo di queste strutture, pur nell’ambito di processi di cambiamento in fieri, con un ruolo – si è visto – strategico-direzionale di grande responsabilità si trova a tutt’oggi il direttore generale. A vent’anni dalla nascita di questa figura, tuttavia, in molti – associazioni di categoria (Federsanità e Anci, ad esempio. Cfr. Carignani 2011), come pure dottrina e politica – si interrogano ora sulla rispondenza della figura del direttore generale e della relativa disciplina sedimentatasi negli anni agli ambiziosi obiettivi che la sua introduzione nel sistema sanitario si prefiggeva. Ci si chiede, nello specifico, se la figura apicale posta al vertice delle Unità locali o Aziende socio sanitarie sia davvero in grado di fungere da necessario collegamento tra gli obiettivi e i programmi dettati dall’organo politico e rappresentativo e l’amministrazione, composta di tecnici, chiamata a darvi attuazione nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento, declinato nei suoi ormai notissimi corollari, ossia i principi di efficacia, efficienza, economicità e speditezza (art. 97 Cost.) . Fondamentale diventa, sul punto, l’analisi della disciplina normativa dettata con riferimento alla durata dell’incarico, alla valutazione del raggiungimento degli obiettivi posti e alle sue eventuali interruzioni prima della scadenza, come pure – si crede – lo studio dei provvedimenti assunti, non solo a livello nazionale, bensì anche regionale, in punto di trattamento economico (visto non solo in termini di valore assoluto, ma anche, ad esempio, con riferimento all’utilizzo di leve premianti). Ad oggi, se astrattamente sembra potersi dire che il sistema regge, lo sconforto nasce dall’analisi in concreto di come nella realtà regionale e locale le disposizioni normative, soprattutto statali (che fungono ancora da riferimento principale), sono attuate e vivono. Il direttore generale e l’efficacia del suo ruolo, infatti, sono la risultante del contesto in cui egli è chiamato ad operare.

Il direttore generale A.U.S.L.: una figura in bilico tra politica e amministrazione

MUTTONI, SILVIA
2013

Abstract

In un tempo in cui la “tutela della salute” si trova a dover essere bilanciata con forti esigenze di contenimento della spesa e l’organizzazione della sanità a dover essere ripensata al fine di venire incontro all’aumento della domanda di servizi utilizzando al meglio le (limitate) risorse disponibili, diviene quanto mai essenziale concentrare l’attenzione sulla governance delle strutture che costituiscono i principali presidi del Servizio sanitario nel territorio: le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere. Articolata una sintetica analisi della figura del direttore generale A.u.l.s.s., in generale e mediante l’illustrazione di un caso concreto verificatosi nel Veneto di recente, il saggio offre alcune considerazioni circa il particolare ruolo svolto dal direttore generale nell’ambito del sistema sanitario regionale e nazionale. A capo di queste strutture, pur nell’ambito di processi di cambiamento in fieri, con un ruolo – si è visto – strategico-direzionale di grande responsabilità si trova a tutt’oggi il direttore generale. A vent’anni dalla nascita di questa figura, tuttavia, in molti – associazioni di categoria (Federsanità e Anci, ad esempio. Cfr. Carignani 2011), come pure dottrina e politica – si interrogano ora sulla rispondenza della figura del direttore generale e della relativa disciplina sedimentatasi negli anni agli ambiziosi obiettivi che la sua introduzione nel sistema sanitario si prefiggeva. Ci si chiede, nello specifico, se la figura apicale posta al vertice delle Unità locali o Aziende socio sanitarie sia davvero in grado di fungere da necessario collegamento tra gli obiettivi e i programmi dettati dall’organo politico e rappresentativo e l’amministrazione, composta di tecnici, chiamata a darvi attuazione nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento, declinato nei suoi ormai notissimi corollari, ossia i principi di efficacia, efficienza, economicità e speditezza (art. 97 Cost.) . Fondamentale diventa, sul punto, l’analisi della disciplina normativa dettata con riferimento alla durata dell’incarico, alla valutazione del raggiungimento degli obiettivi posti e alle sue eventuali interruzioni prima della scadenza, come pure – si crede – lo studio dei provvedimenti assunti, non solo a livello nazionale, bensì anche regionale, in punto di trattamento economico (visto non solo in termini di valore assoluto, ma anche, ad esempio, con riferimento all’utilizzo di leve premianti). Ad oggi, se astrattamente sembra potersi dire che il sistema regge, lo sconforto nasce dall’analisi in concreto di come nella realtà regionale e locale le disposizioni normative, soprattutto statali (che fungono ancora da riferimento principale), sono attuate e vivono. Il direttore generale e l’efficacia del suo ruolo, infatti, sono la risultante del contesto in cui egli è chiamato ad operare.
2013
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