Nell’Archivio di Stato di Venezia (ASV) ho recentemente trovato il documento che riporto integralmente di seguito e che ha riscosso il mio interesse per la singolarità dei luoghi (a me ben noti) nei quali i fatti si sono svolti. Vi si narra un avvenimento accaduto, nel 1777, nel tratto lagunare antistante l’entrata al Porto di Malamocco, lato Pellestrina, in prossimità del forte di S. Pietro in Volta, allora S. Pietro della Volta (fig. 1), costruito in occasione della guerra di Candia (1645-69) quando, per il timore che i turchi ottomani arrivassero in laguna, si provvide alla costruzione di forti a difesa della bocca di porto di Malamocco e di polveriere ottagonali (i cosiddetti bastiòni che ancora oggi caratterizzano il paesaggio lagunare). All’epoca dei fatti, lungo il bordo del canale lagunare antistante il detto forte, si trovava una stazione doganale e un vascello con soldati deputati ai controlli sanitari del naviglio in entrata. Fintantoché non fossero stati ultimati i controlli e concesso il nulla osta, nessuno poteva avvicinarsi, e tantomeno scambiare alcunché, con le navi che provenivano dal mare e dirette a Venezia. Per inciso, va ricordato che il porto di Malamocco era ormai, da lungo tempo l’unico accesso alla laguna ed a Venezia per imbarcazioni di grossa stazza, essendo il porto di S. Nicolò inagibile per la presenza di un ampio scanno sabbioso che ne occludeva l’entrata e per la scarsa profondità dei fondali. Il fatto è presto raccontato: la sera dell’11 agosto 1777, tre giovani fratelli pescatori chioggiotti, che avevano pescato, fino a poco tempo prima, in laguna con la lenza (togna) si avvicinarono ad un piélego (fig. 2), che stazionava in prossimità del forte di S. Pietro in Volta in attesa dei controlli sanitari, per vendere del pesce appena pescato, a quanto risulta chiamati dall’equipaggio della stessa imbarcazione. Furono però visti dai soldati di stanza nel vascello della sanità: essi avvisarono il loro comandante che ordinò loro di portarli al casello della dogana. Il timore di un probabile arresto spiega la fuga dei giovani ed il loro inseguimento da parte dei soldati, quest’ultimo conclusosi, come si legge, con la morte di uno dei fuggitivi. La notizia di quanto stava accadendo allertò la popolazione del vicino paese di S. Pietro in Volta che stava seguendo dalla riva quanto succedeva poco distante in laguna, tanto che non pochi pescatori salirono in barca armati di fiocine e fucili e si diressero in soccorso dei giovani. Il mancato rinvenimento di uno dei giovani e l’ipotesi della sua probabile morte infuriarono gli animi dei pescatori che volevano vendicare il giovane sui soldati ed il loro comandante. Essi furono però calmati da uno di loro, certo Gabriele Ghezzo, che promise di assicurare i soldati alla giustizia e trasportò i tre militari ed il degano (1) di S. Pietro a Chioggia con la sua barca dove approdarono alle prime ore del mattino del 12 agosto. Il degano mise al corrente della vicenda il Podestà di Chioggia, al tempo Almorò Grimani, sotto la giurisdizione del quale era l’isola di Pellestrina, che arrestò i soldati coinvolti e diede notizia del suo operato ai Provveditori alla Sanità dai quali i soldati dipendevano. La salma del giovane mancante all’appello fu ritrovata nello stesso giorno nel Canale della Cava (2), di fronte a Portosecco (fig. 3), con la testa trapassata da una palla di archibugio.

Un fatto di sangue il laguna nel '700

BALLARIN, LORIANO
2014

Abstract

Nell’Archivio di Stato di Venezia (ASV) ho recentemente trovato il documento che riporto integralmente di seguito e che ha riscosso il mio interesse per la singolarità dei luoghi (a me ben noti) nei quali i fatti si sono svolti. Vi si narra un avvenimento accaduto, nel 1777, nel tratto lagunare antistante l’entrata al Porto di Malamocco, lato Pellestrina, in prossimità del forte di S. Pietro in Volta, allora S. Pietro della Volta (fig. 1), costruito in occasione della guerra di Candia (1645-69) quando, per il timore che i turchi ottomani arrivassero in laguna, si provvide alla costruzione di forti a difesa della bocca di porto di Malamocco e di polveriere ottagonali (i cosiddetti bastiòni che ancora oggi caratterizzano il paesaggio lagunare). All’epoca dei fatti, lungo il bordo del canale lagunare antistante il detto forte, si trovava una stazione doganale e un vascello con soldati deputati ai controlli sanitari del naviglio in entrata. Fintantoché non fossero stati ultimati i controlli e concesso il nulla osta, nessuno poteva avvicinarsi, e tantomeno scambiare alcunché, con le navi che provenivano dal mare e dirette a Venezia. Per inciso, va ricordato che il porto di Malamocco era ormai, da lungo tempo l’unico accesso alla laguna ed a Venezia per imbarcazioni di grossa stazza, essendo il porto di S. Nicolò inagibile per la presenza di un ampio scanno sabbioso che ne occludeva l’entrata e per la scarsa profondità dei fondali. Il fatto è presto raccontato: la sera dell’11 agosto 1777, tre giovani fratelli pescatori chioggiotti, che avevano pescato, fino a poco tempo prima, in laguna con la lenza (togna) si avvicinarono ad un piélego (fig. 2), che stazionava in prossimità del forte di S. Pietro in Volta in attesa dei controlli sanitari, per vendere del pesce appena pescato, a quanto risulta chiamati dall’equipaggio della stessa imbarcazione. Furono però visti dai soldati di stanza nel vascello della sanità: essi avvisarono il loro comandante che ordinò loro di portarli al casello della dogana. Il timore di un probabile arresto spiega la fuga dei giovani ed il loro inseguimento da parte dei soldati, quest’ultimo conclusosi, come si legge, con la morte di uno dei fuggitivi. La notizia di quanto stava accadendo allertò la popolazione del vicino paese di S. Pietro in Volta che stava seguendo dalla riva quanto succedeva poco distante in laguna, tanto che non pochi pescatori salirono in barca armati di fiocine e fucili e si diressero in soccorso dei giovani. Il mancato rinvenimento di uno dei giovani e l’ipotesi della sua probabile morte infuriarono gli animi dei pescatori che volevano vendicare il giovane sui soldati ed il loro comandante. Essi furono però calmati da uno di loro, certo Gabriele Ghezzo, che promise di assicurare i soldati alla giustizia e trasportò i tre militari ed il degano (1) di S. Pietro a Chioggia con la sua barca dove approdarono alle prime ore del mattino del 12 agosto. Il degano mise al corrente della vicenda il Podestà di Chioggia, al tempo Almorò Grimani, sotto la giurisdizione del quale era l’isola di Pellestrina, che arrestò i soldati coinvolti e diede notizia del suo operato ai Provveditori alla Sanità dai quali i soldati dipendevano. La salma del giovane mancante all’appello fu ritrovata nello stesso giorno nel Canale della Cava (2), di fronte a Portosecco (fig. 3), con la testa trapassata da una palla di archibugio.
2014
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3007699
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