L’art. 2050 c.c. è stato oggetto negli ultimi decenni di un notevole ampliamento della sua portata applicativa ad opera della giurisprudenza. In base all’interpretazione tradizionale, è pericolosa quella attività che, per sua natura o per i mezzi impiegati, contenga in sé «una grave probabilità, una notevole potenzialità dannosa, considerata in relazione al criterio della normalità media, e rilevata attraverso dati statistici ed elementi tecnici e di comune esperienza» oppure quell’attività che, secondo un criterio qualitativo, pur non caratterizzata da un’alta probabilità di produrre danni, possa cagionare danni di notevole gravità ed entità. Sulla base di un’interpretazione estensiva della regola, invece, può farsi applicazione della disposizione anche in presenza di un’attività la cui concreta pericolosità si manifesti in un momento successivo rispetto al suo concreto svolgimento; ma anche quando un rischio elevato sia sicuramente assente nel momento del processo produttivo, come è il caso della produzione di sigarette Nello scritto si pone il problema se sia possibile ricorrere, per le ipotesi incluse nel novero delle attività pericolose, alla disciplina sulla responsabilità da prodotti difettosi ed eventualmente, in una cornice più ampia, se le regole che prevedono obblighi di immettere sul mercato prodotti sicuri siano sufficienti a fornire idonee forme di tutela con riferimento a prodotti pericolosi. Ma a fortiori la risposta a tali quesiti presuppone una verifica concreta delle ragioni per le quali la giurisprudenza tende a rifuggire dall’applicazione di queste regole per ancorarsi al dato normativo di cui all’art. 2050 c.c.

Danno da prodotti pericolosi o difettosi: regole di riferimento ed incertezze ermeneutiche.

FUSARO, ARIANNA
2015

Abstract

L’art. 2050 c.c. è stato oggetto negli ultimi decenni di un notevole ampliamento della sua portata applicativa ad opera della giurisprudenza. In base all’interpretazione tradizionale, è pericolosa quella attività che, per sua natura o per i mezzi impiegati, contenga in sé «una grave probabilità, una notevole potenzialità dannosa, considerata in relazione al criterio della normalità media, e rilevata attraverso dati statistici ed elementi tecnici e di comune esperienza» oppure quell’attività che, secondo un criterio qualitativo, pur non caratterizzata da un’alta probabilità di produrre danni, possa cagionare danni di notevole gravità ed entità. Sulla base di un’interpretazione estensiva della regola, invece, può farsi applicazione della disposizione anche in presenza di un’attività la cui concreta pericolosità si manifesti in un momento successivo rispetto al suo concreto svolgimento; ma anche quando un rischio elevato sia sicuramente assente nel momento del processo produttivo, come è il caso della produzione di sigarette Nello scritto si pone il problema se sia possibile ricorrere, per le ipotesi incluse nel novero delle attività pericolose, alla disciplina sulla responsabilità da prodotti difettosi ed eventualmente, in una cornice più ampia, se le regole che prevedono obblighi di immettere sul mercato prodotti sicuri siano sufficienti a fornire idonee forme di tutela con riferimento a prodotti pericolosi. Ma a fortiori la risposta a tali quesiti presuppone una verifica concreta delle ragioni per le quali la giurisprudenza tende a rifuggire dall’applicazione di queste regole per ancorarsi al dato normativo di cui all’art. 2050 c.c.
2015
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