Il contributo propone un’analisi dei sistemi territoriali di welfare riguardanti i bambini e le bambine, non limitandosi a interpretare l’evidente crisi del sistema di welfare nazionale e locale in base alla sola progressiva carenza di risorse finanziarie disponibili agli attori pubblici. La rassegna mirata della letteratura specialistica porta a identificare alcune convergenze nei giudizi, spesso severi, degli esperti verso gli sforzi in corso per la riprogettazione del welfare nazionale e locale. Un primo aspetto riguarda l’equilibrio tra le grandi voci di spesa che l’Italia riserva alla protezione sociale. Un secondo ha a che fare con l’estrema difficoltà ad attuare una ricomposizione della spesa a favore di quello che viene chiamato il settore dell’assistenza sociale. Un terzo aspetto riguarda il mancato sviluppo dei servizi sociali alle persone, visto che l’Italia si caratterizza in Europa per un profilo di welfare più orientato ai trasferimenti economici che alla realizzazione di servizi in natura. Un quarto aspetto richiama la frammentarietà delle misure di lotta alla povertà. Un quinto aspetto si riferisce al permanere se non all’ampliarsi di una estrema differenziazione dell’offerta territoriale degli interventi e dei servizi sociali resi disponibili dai comuni. Infine, un ultimo aspetto si focalizza sulla valorizzazione e il miglioramento del lavoro quotidiano degli uomini e delle donne che concorrono alla produzione quotidiana del welfare, nella convinzione che il loro mandato sia soprattutto nel costruire reti fiduciarie tra i soggetti e nel generare coesione sociale nelle comunità locali. All’interno di questa prospettiva interpretativa, il contributo propone, anche in base a specifiche evidenze empiriche, una valutazione del “posto” residuale che i bambini e le bambine hanno nella spesa sociale in Italia e, in particolare, nelle principali città metropolitane e non del Paese. Si evidenzia come la progressiva frammentazione del quadro istituzionale e le differenziazioni tra i diversi welfare municipali possano portare nella sostanza a una separazione territoriale dei diritti di cittadinanza difficilmente recuperabile se non irreversibile nel breve e medio periodo. Affrontare queste incertezze significa individuare alcune questioni da cui ripartire per riprendere a progettare il presente, pensando al futuro del welfare per i bambini e le famiglie. Una ripartenza che transiti necessariamente anche attraverso un rilancio della spesa sociale da sempre inadeguata, come emerge dal confronto con altri Paesi europei di stesso profilo sociodemografico. Che richiami la necessità della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in campo sociale, da tempo segnalata da più parti, ma da anni incapace di decollare a fronte di una debolezza istituzionale che ha pressoché azzerato le funzioni di coordinamento e di governance nazionali oppure le ha rese impraticabili. Che privilegi la creazione di una rete di servizi alla persona più che l’ampliamento, se non in specifiche e mirate azioni, di trasferimenti monetari. Che sostenga la generatività degli interventi, volta da una parte a diminuire la dipendenza dei cittadini dalle politiche pubbliche e dall’altra a generare e ri-generare nuove risorse e spazi di cittadinanza sociale. Infine, una ripartenza che preveda la messa in campo di azioni rivolte a monitorare l’efficacia degli interventi promossi.

Riprendere a progettare il presente, pensando al futuro. Le situazioni d'impasse e le prospettive del welfare per i bambini e le famiglie

BELOTTI, VALERIO
2016

Abstract

Il contributo propone un’analisi dei sistemi territoriali di welfare riguardanti i bambini e le bambine, non limitandosi a interpretare l’evidente crisi del sistema di welfare nazionale e locale in base alla sola progressiva carenza di risorse finanziarie disponibili agli attori pubblici. La rassegna mirata della letteratura specialistica porta a identificare alcune convergenze nei giudizi, spesso severi, degli esperti verso gli sforzi in corso per la riprogettazione del welfare nazionale e locale. Un primo aspetto riguarda l’equilibrio tra le grandi voci di spesa che l’Italia riserva alla protezione sociale. Un secondo ha a che fare con l’estrema difficoltà ad attuare una ricomposizione della spesa a favore di quello che viene chiamato il settore dell’assistenza sociale. Un terzo aspetto riguarda il mancato sviluppo dei servizi sociali alle persone, visto che l’Italia si caratterizza in Europa per un profilo di welfare più orientato ai trasferimenti economici che alla realizzazione di servizi in natura. Un quarto aspetto richiama la frammentarietà delle misure di lotta alla povertà. Un quinto aspetto si riferisce al permanere se non all’ampliarsi di una estrema differenziazione dell’offerta territoriale degli interventi e dei servizi sociali resi disponibili dai comuni. Infine, un ultimo aspetto si focalizza sulla valorizzazione e il miglioramento del lavoro quotidiano degli uomini e delle donne che concorrono alla produzione quotidiana del welfare, nella convinzione che il loro mandato sia soprattutto nel costruire reti fiduciarie tra i soggetti e nel generare coesione sociale nelle comunità locali. All’interno di questa prospettiva interpretativa, il contributo propone, anche in base a specifiche evidenze empiriche, una valutazione del “posto” residuale che i bambini e le bambine hanno nella spesa sociale in Italia e, in particolare, nelle principali città metropolitane e non del Paese. Si evidenzia come la progressiva frammentazione del quadro istituzionale e le differenziazioni tra i diversi welfare municipali possano portare nella sostanza a una separazione territoriale dei diritti di cittadinanza difficilmente recuperabile se non irreversibile nel breve e medio periodo. Affrontare queste incertezze significa individuare alcune questioni da cui ripartire per riprendere a progettare il presente, pensando al futuro del welfare per i bambini e le famiglie. Una ripartenza che transiti necessariamente anche attraverso un rilancio della spesa sociale da sempre inadeguata, come emerge dal confronto con altri Paesi europei di stesso profilo sociodemografico. Che richiami la necessità della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in campo sociale, da tempo segnalata da più parti, ma da anni incapace di decollare a fronte di una debolezza istituzionale che ha pressoché azzerato le funzioni di coordinamento e di governance nazionali oppure le ha rese impraticabili. Che privilegi la creazione di una rete di servizi alla persona più che l’ampliamento, se non in specifiche e mirate azioni, di trasferimenti monetari. Che sostenga la generatività degli interventi, volta da una parte a diminuire la dipendenza dei cittadini dalle politiche pubbliche e dall’altra a generare e ri-generare nuove risorse e spazi di cittadinanza sociale. Infine, una ripartenza che preveda la messa in campo di azioni rivolte a monitorare l’efficacia degli interventi promossi.
2016
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