Stiamo assistendo ormai da tempo alla progressiva trasformazione di metodi e strategie nella preparazione di una mostra, nella sua progettazione, nelle scelte e nelle modalità di comunicazione. Anzi, proprio questi cambiamenti risentono dell’avvento delle ICT, Information Communication Technology, tuttavia riscontrando spesso – come abbiamo avuto modo di affermare altrove - più una spettacolarizzazione dell’evento, a discapito di un accrescimento formativo-culturale, al quale si dovrebbe invece aspirare. Eppure le caratteristiche “spettacolari” non vanno demonizzate tout court, ma solo se consideriamo un evento trasformato impropriamente in “spettacolo”, con la conseguenza di cercarne o farne risaltare prevalentemente gli aspetti più sensazionali e clamorosi; a tale proposito, ci sembra fondamentale ricordare che l’etimo della parola “spettacolo” coinvolge direttamente lo sguardo di un osservatore come parte attiva in una mostra. Nondimeno le nuove tecnologie e le ICT hanno modificato, e non poco, molti dei fattori che concorrono all’organizzazione di una strategia espositiva: in primis il museo, che solitamente “offre” sia la sede che buona parte dei Beni Culturali da fruire nello “spettacolo”; l’idea stessa di Bene Culturale, che oggi ha assunto nuovi significati; le competenze culturali e tecniche che contribuiscono alla preparazione di una mostra con strumenti, contenuti e output; e infine il ruolo dell’osservatore, il quale non è più semplice spettatore, in termini di modalità percettiva e di sensibilità fruitiva. In questo quadro, quindi, è evidente il rinnovato interesse per le discipline della Rappresentazione, non solo in campo formativo-accademico, ma soprattutto quando sono coinvolte anche nella progettazione tout-court, sia a scala architettonica che urbana, di un racconto museale, inducendoci a riflettere e riscoprire come le procedure delle forme della rappresentazione si configurino quale strumento privilegiato non solo per la progettazione e/o la misurazione e la gestione di quanto identifichiamo con i termini “architettura” e “città” e con la relativa salvaguardia, ma anche e soprattutto per la loro fruizione di tipo comunicativo-conoscitivo. Questo, d’altronde, per sottolineare l’importanza della comunicazione visiva rispetto a quella verbale e scritta (oppure, come vedremo tra poco, assieme ad essa). La posizione moderna più lucida ed articolata intorno a questo argomento è quella di Leonardo Da Vinci (1452-1519) che, nel Trattato della Pittura, ribadisce la supremazia della vista sull’udito e sottolinea la prontezza comunicativa di una immagine rispetto ad un documento scritto. Le acute riflessioni di Leonardo sul confronto tra pittura e poesia hanno per alcuni aspetti piena validità nel mondo scientifico odierno ma, d’altro canto, esse appaiono superate, perché le ICT permettono di travalicare i limiti dello spazio e del tempo. Per questa ragione, anche se il solo ricorso - oggi possibile - ad una organizzazione ipertestuale del sapere può sovvertire e rinnovare la linearità classica del testo, non è possibile predisporre una Digital Visualization delle trasformazioni dell'architettura e della città solo attraverso un ipertesto. È qui che entra in gioco la creazione di nuovi processi e codici di visualizzazione, di conoscenza e di comunicazione, che rendano facile ed immediata la rapida ed accurata analisi di una vasta quantità di dati complessi e variabili, tutti volti alla rappresentazione simultanea di articolate problematiche urbane e architettoniche. È in questa ottica che è nato Visualizing Cities, un progetto di ricerca emanazione di Visualizing Venice (www.visualizingvenice.org), che coinvolge l’Università di Padova, Duke University (NC, USA) e l’Università IUAV di Venezia, finalizzato alla comunicazione della conoscenza per la conservazione e l’innovazione dei luoghi storici, attraverso anche esperienze di tipo museale.

Visualizing Cities

GIORDANO, ANDREA
2016

Abstract

Stiamo assistendo ormai da tempo alla progressiva trasformazione di metodi e strategie nella preparazione di una mostra, nella sua progettazione, nelle scelte e nelle modalità di comunicazione. Anzi, proprio questi cambiamenti risentono dell’avvento delle ICT, Information Communication Technology, tuttavia riscontrando spesso – come abbiamo avuto modo di affermare altrove - più una spettacolarizzazione dell’evento, a discapito di un accrescimento formativo-culturale, al quale si dovrebbe invece aspirare. Eppure le caratteristiche “spettacolari” non vanno demonizzate tout court, ma solo se consideriamo un evento trasformato impropriamente in “spettacolo”, con la conseguenza di cercarne o farne risaltare prevalentemente gli aspetti più sensazionali e clamorosi; a tale proposito, ci sembra fondamentale ricordare che l’etimo della parola “spettacolo” coinvolge direttamente lo sguardo di un osservatore come parte attiva in una mostra. Nondimeno le nuove tecnologie e le ICT hanno modificato, e non poco, molti dei fattori che concorrono all’organizzazione di una strategia espositiva: in primis il museo, che solitamente “offre” sia la sede che buona parte dei Beni Culturali da fruire nello “spettacolo”; l’idea stessa di Bene Culturale, che oggi ha assunto nuovi significati; le competenze culturali e tecniche che contribuiscono alla preparazione di una mostra con strumenti, contenuti e output; e infine il ruolo dell’osservatore, il quale non è più semplice spettatore, in termini di modalità percettiva e di sensibilità fruitiva. In questo quadro, quindi, è evidente il rinnovato interesse per le discipline della Rappresentazione, non solo in campo formativo-accademico, ma soprattutto quando sono coinvolte anche nella progettazione tout-court, sia a scala architettonica che urbana, di un racconto museale, inducendoci a riflettere e riscoprire come le procedure delle forme della rappresentazione si configurino quale strumento privilegiato non solo per la progettazione e/o la misurazione e la gestione di quanto identifichiamo con i termini “architettura” e “città” e con la relativa salvaguardia, ma anche e soprattutto per la loro fruizione di tipo comunicativo-conoscitivo. Questo, d’altronde, per sottolineare l’importanza della comunicazione visiva rispetto a quella verbale e scritta (oppure, come vedremo tra poco, assieme ad essa). La posizione moderna più lucida ed articolata intorno a questo argomento è quella di Leonardo Da Vinci (1452-1519) che, nel Trattato della Pittura, ribadisce la supremazia della vista sull’udito e sottolinea la prontezza comunicativa di una immagine rispetto ad un documento scritto. Le acute riflessioni di Leonardo sul confronto tra pittura e poesia hanno per alcuni aspetti piena validità nel mondo scientifico odierno ma, d’altro canto, esse appaiono superate, perché le ICT permettono di travalicare i limiti dello spazio e del tempo. Per questa ragione, anche se il solo ricorso - oggi possibile - ad una organizzazione ipertestuale del sapere può sovvertire e rinnovare la linearità classica del testo, non è possibile predisporre una Digital Visualization delle trasformazioni dell'architettura e della città solo attraverso un ipertesto. È qui che entra in gioco la creazione di nuovi processi e codici di visualizzazione, di conoscenza e di comunicazione, che rendano facile ed immediata la rapida ed accurata analisi di una vasta quantità di dati complessi e variabili, tutti volti alla rappresentazione simultanea di articolate problematiche urbane e architettoniche. È in questa ottica che è nato Visualizing Cities, un progetto di ricerca emanazione di Visualizing Venice (www.visualizingvenice.org), che coinvolge l’Università di Padova, Duke University (NC, USA) e l’Università IUAV di Venezia, finalizzato alla comunicazione della conoscenza per la conservazione e l’innovazione dei luoghi storici, attraverso anche esperienze di tipo museale.
2016
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3211943
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