La sentenza commentata, di poco successiva alla decisione di Cass., 10.5.2017, n. 11504, affronta la questione relativa all’individuazione del parametro cui rapportare l’adeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge al fine dell’attribuzione dell’assegno di divorzio. Oltre che per la contestazione dell’adozione del criterio dell’indipendenza economica, giudicato ben più sfuggente e proteiforme di quello del tenore di vita, la sentenza udinese si segnala per la critica alla consolidata ricostruzione bifasica del giudizio per l’assegno di divorzio, proponendo, da un lato, il superamento della distinzione tra la fase deputata al riconoscimento dell’assegno e quella successiva della sua quantificazione e, dall’altro, una lettura sistematica dell’art. 5, commi 6° e 9°, l. div. che, ai fini dell’apprezzamento dell’adeguatezza dei mezzi, imporrebbe l’operatività congiunta di tutti i criteri enunciati dalle disposizioni indicate, fra i quali figura testualmente anche il tenore di vita. Il commento, esaminata la tesi difesa dalla pronuncia, ne indaga le origini storiche rinvenendole in una autorevole tesi dottrinale sostenuta in dottrina all’indomani della riforma della disciplina divorzile attuata con la l. n. 74/1987, segnalando le possibili conseguenze che la sua adozione comporterebbe, prima fra tutte il rischio di allineare le soluzioni applicative a quelle che la novella del 1987 intendeva superare, e formula, con l’auspicio di una radicale riforma dell’assegno divorzile non disgiunta da quella del regime della comunione legale dei coniugi, le possibili direttrici dell’intervento legislativo con riguardo sia alla selezione degli interessi da tutelare sia allo strumentario tecnico da apprestare, superando l’unicità del modello incentrato sull’assegno periodico tendenzialmente vitalizio.

Primissime contestazioni al criterio dell'indipendenza economica per l'assegno di divorzio e non solo

Umberto Roma
2018

Abstract

La sentenza commentata, di poco successiva alla decisione di Cass., 10.5.2017, n. 11504, affronta la questione relativa all’individuazione del parametro cui rapportare l’adeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge al fine dell’attribuzione dell’assegno di divorzio. Oltre che per la contestazione dell’adozione del criterio dell’indipendenza economica, giudicato ben più sfuggente e proteiforme di quello del tenore di vita, la sentenza udinese si segnala per la critica alla consolidata ricostruzione bifasica del giudizio per l’assegno di divorzio, proponendo, da un lato, il superamento della distinzione tra la fase deputata al riconoscimento dell’assegno e quella successiva della sua quantificazione e, dall’altro, una lettura sistematica dell’art. 5, commi 6° e 9°, l. div. che, ai fini dell’apprezzamento dell’adeguatezza dei mezzi, imporrebbe l’operatività congiunta di tutti i criteri enunciati dalle disposizioni indicate, fra i quali figura testualmente anche il tenore di vita. Il commento, esaminata la tesi difesa dalla pronuncia, ne indaga le origini storiche rinvenendole in una autorevole tesi dottrinale sostenuta in dottrina all’indomani della riforma della disciplina divorzile attuata con la l. n. 74/1987, segnalando le possibili conseguenze che la sua adozione comporterebbe, prima fra tutte il rischio di allineare le soluzioni applicative a quelle che la novella del 1987 intendeva superare, e formula, con l’auspicio di una radicale riforma dell’assegno divorzile non disgiunta da quella del regime della comunione legale dei coniugi, le possibili direttrici dell’intervento legislativo con riguardo sia alla selezione degli interessi da tutelare sia allo strumentario tecnico da apprestare, superando l’unicità del modello incentrato sull’assegno periodico tendenzialmente vitalizio.
2018
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3280127
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