Il saggio esamina - in prospettiva diacronica: dal testo originario del codice civile alla riforma del 75 ed a quella della filiazione del 2012-2013, passando per l’introduzione della legge sul divorzio - la rilevanza dell’unione sessuale dei coniugi nell’individuazione del modello deontologico del matrimonio civile, in un ordinamento, che come molti, omette la definizione di matrimonio, come quella dei suoi fini e dei suoi contenuti essenziali, rinviando implicitamente al paradigma canonistico. La sessualità coniugale, in questa prospettiva, appare come un presupposto implicito, ordinariamente essenziale del matrimonio rapporto. Tuttavia, se le disposizioni codicistiche e quelle della legge divorzile appaiono reticenti ed allusive nel disegnare tale rilevanza dell’unione sessuale nella fisiologia del matrimonio, sono alcune norme che ne governano la patologia – segnatamente quelle in tema di separazione dei coniugi, sia prima che dopo la riforma del ’75, quella della legge sul divorzio per inconsumazione nei suoi nessi sistematici con gli artt. 1 e 2 della stessa legge, e, da ultimo e ma con minore efficacia, alcune disposizioni in tema di invalidità (artt. 119, 120 122 e 123 cod. civ.) – che restituiscono la rilevanza dell’unione sessuale nell’integrare quella “comunione spirituale e materiale” di vita che costituisce l’essenza funzionale del matrimonio civile. Il saggio considera – con moderati cenni comparatistici al diritto canonico dal codex del 1917 a quello vigente del 1983 – la mutata considerazione della sessualità coniugale da parte degli interpreti, che ne supera la lettura riduzionistica medico-biologica per valorizzarne la primaria finalità unitiva dei coniugi in una prospettiva personalista, scevra da doveri etici e necessaria finalità procreativa che risentivano, in passato, di un acritico trapianto delle interpretazioni del matrimonio canonico nella teorica del matrimonio civile.
La sessualità coniugale nella patologia del matrimonio
ROMA UMBERTO
2020
Abstract
Il saggio esamina - in prospettiva diacronica: dal testo originario del codice civile alla riforma del 75 ed a quella della filiazione del 2012-2013, passando per l’introduzione della legge sul divorzio - la rilevanza dell’unione sessuale dei coniugi nell’individuazione del modello deontologico del matrimonio civile, in un ordinamento, che come molti, omette la definizione di matrimonio, come quella dei suoi fini e dei suoi contenuti essenziali, rinviando implicitamente al paradigma canonistico. La sessualità coniugale, in questa prospettiva, appare come un presupposto implicito, ordinariamente essenziale del matrimonio rapporto. Tuttavia, se le disposizioni codicistiche e quelle della legge divorzile appaiono reticenti ed allusive nel disegnare tale rilevanza dell’unione sessuale nella fisiologia del matrimonio, sono alcune norme che ne governano la patologia – segnatamente quelle in tema di separazione dei coniugi, sia prima che dopo la riforma del ’75, quella della legge sul divorzio per inconsumazione nei suoi nessi sistematici con gli artt. 1 e 2 della stessa legge, e, da ultimo e ma con minore efficacia, alcune disposizioni in tema di invalidità (artt. 119, 120 122 e 123 cod. civ.) – che restituiscono la rilevanza dell’unione sessuale nell’integrare quella “comunione spirituale e materiale” di vita che costituisce l’essenza funzionale del matrimonio civile. Il saggio considera – con moderati cenni comparatistici al diritto canonico dal codex del 1917 a quello vigente del 1983 – la mutata considerazione della sessualità coniugale da parte degli interpreti, che ne supera la lettura riduzionistica medico-biologica per valorizzarne la primaria finalità unitiva dei coniugi in una prospettiva personalista, scevra da doveri etici e necessaria finalità procreativa che risentivano, in passato, di un acritico trapianto delle interpretazioni del matrimonio canonico nella teorica del matrimonio civile.| File | Dimensione | Formato | |
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