L’analisi dei rinvenimenti di manufatti in ambra permette di individuare nel Caput Adriae una importante “porta” di comunicazione tra gli aspetti culturali dell’Europa centro-settentrionale e il Mediterraneo orientale. Dalle fasi tarde dell’età del bronzo e per tutta l’età del ferro, l’Adriatico diventa il “mare dell’ambra” e le sue coste, sia orientali che occidentali, sono interessate dallo scambio di materia prima e oggetti lavorati, sia con rotte ascendenti e discendenti, sia attraverso la navigazione tra le due sponde. La nascita del centro di produzione romano di Aquileia riprende quindi una tradizione millenaria, anche se interrotta per qualche breve tempo. In quest’ottica sono stati presi in esame innanzitutto i possibili percorsi della parte terminale della via dell’ambra che raggiunge l’Alto Adriatico già dal Bronzo Recente. Un capitolo importante è costituito dalle fonti letterarie, più tarde, che tuttavia recano ancora la memoria della provenienza baltica dell’ambra e testimoniano la sua presenza nel Caput Adriae. La tipologia specifica di alcuni vaghi, che a suo tempo abbiamo definito Tipo Tirinto e Tipo Allumiere, presenti il primo nell’officina di Campestrin ed entrambi a Frattesina, diffusi in numerosi siti delle coste adriatiche e anche nel mondo egeo-miceneo, ha permesso di ricostruire le antiche rotte e soprattutto gli scambi economici e culturali tra mondi lontani. In questa sede è stato anche possibile aggiungere alla lista di distribuzione, già nota, alcuni nuovi esemplari riconosciuti in vecchi scavi da Kompolje, di recente pubblicazione. Nell’età del ferro diventa evidente lo spostamento dei centri di scambio e di produzione dall’Alto Adriatico alle coste centrali e meridionali. I luoghi di rinvenimento collocati su entrambe le coste e la tipologia dei manufatti sono utilizzati come alcuni degli indicatori dei contatti interadriatici e di quelli tra l’Adriatico e il mondo tardo miceneo e poi greco.

Adriatico mare dell’ambra: il Caput Adriae porta tra Europa e mondo mediterraneo

Veronica Gallo
2018

Abstract

L’analisi dei rinvenimenti di manufatti in ambra permette di individuare nel Caput Adriae una importante “porta” di comunicazione tra gli aspetti culturali dell’Europa centro-settentrionale e il Mediterraneo orientale. Dalle fasi tarde dell’età del bronzo e per tutta l’età del ferro, l’Adriatico diventa il “mare dell’ambra” e le sue coste, sia orientali che occidentali, sono interessate dallo scambio di materia prima e oggetti lavorati, sia con rotte ascendenti e discendenti, sia attraverso la navigazione tra le due sponde. La nascita del centro di produzione romano di Aquileia riprende quindi una tradizione millenaria, anche se interrotta per qualche breve tempo. In quest’ottica sono stati presi in esame innanzitutto i possibili percorsi della parte terminale della via dell’ambra che raggiunge l’Alto Adriatico già dal Bronzo Recente. Un capitolo importante è costituito dalle fonti letterarie, più tarde, che tuttavia recano ancora la memoria della provenienza baltica dell’ambra e testimoniano la sua presenza nel Caput Adriae. La tipologia specifica di alcuni vaghi, che a suo tempo abbiamo definito Tipo Tirinto e Tipo Allumiere, presenti il primo nell’officina di Campestrin ed entrambi a Frattesina, diffusi in numerosi siti delle coste adriatiche e anche nel mondo egeo-miceneo, ha permesso di ricostruire le antiche rotte e soprattutto gli scambi economici e culturali tra mondi lontani. In questa sede è stato anche possibile aggiungere alla lista di distribuzione, già nota, alcuni nuovi esemplari riconosciuti in vecchi scavi da Kompolje, di recente pubblicazione. Nell’età del ferro diventa evidente lo spostamento dei centri di scambio e di produzione dall’Alto Adriatico alle coste centrali e meridionali. I luoghi di rinvenimento collocati su entrambe le coste e la tipologia dei manufatti sono utilizzati come alcuni degli indicatori dei contatti interadriatici e di quelli tra l’Adriatico e il mondo tardo miceneo e poi greco.
2018
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3355895
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