La difficile interpretazione dell'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 23/2015: il prezzo dell'incertezza.

L'articolo si interroga sulla portata sistematica dell'rt. 3, comma 2, d.lgs. n. 23 del 2015, come interpretato dalla giurisprudenza di merito, secondo la quale, la norma, nella parte in cui prevede che l’insussistenza del fatto contestato sia «direttamente dimostrata in giudizio», non trasferisce sul lavoratore l’onere di dimostrare quanto da lui affermato in sede di impugnazione del licenziamento, in deroga al principio generale codificato all’art. 5 l. n. 604 del 1966; la norma introduce, invece, un differente grado di tutela: nel caso in cui sia acquisita in giudizio la prova piena dell’insussistenza del fatto, anche sotto il profilo della non addebitabilità dello stesso al lavoratore, la domanda di reintegrazione da quest’ultimo proposta dovrà ritenersi fondata, laddove, in caso di elementi equivoci e/o contraddittori, il lavoratore riceverà la sola tutela indennitaria.