La nozione di progettare ha un’ambiguità tale da sfidare i capisaldi concettuali che siamo abituati a usare, basati su coppie oppositive come ontologia-epistemologia, o teoria dell’architettura-teoria del progetto. Rompere queste coppie per snidarne le ambiguità è particolarmente ostico perché richiede uno sguardo esterno e terzo, uno sguardo che superi le trattazioni e ne riporti gli effetti – e non le trattazioni stesse – nell’agire. Per questo, l’articolo propone una lettura parallela sui temi: da un lato il progettare nell’ottica della riflessione filosofica, dall’altro in quella strettamente legata all’agire dell’architetto. Senza intersezioni se non l’organizzazione per macro-temi. Al lettore è lasciato il compito, e la libertà, di costruire i ponti tra le due letture, nell’idea che gli spunti di una parte nutrano evoluzioni possibili anche per l’altra. Come due facce della stessa medaglia, le parti sono legate da una concordanza di pensiero e di intenti, e da una serie di riscontranze nei risultati dei processi logici, che offrono due dimostrazioni parallele. Ma al tempo stesso, coerentemente con la tesi proposta, il loro contenuto non può, ai fini del futuro che genera e influenza, considerarsi concluso nelle sue parole, senza cioè che quei ponti, volontariamente o meno, siano creati. Non si propone quindi un dialogo tra sordi bensì, come nella quarta sinfonia di Charles Ives, due orchestre che suonano contemporaneamente due parti indipendenti, associate solo da un coro in distanza. Quel coro, quel referente, è il progettare, ovvero l’azione di conoscenza, svelamento e decisione tentativa e auspicativa del futuro: e la chiave di rottura concettuale è uno sguardo che guarda al progettare come a un efficace sviluppo strategico del potenziale. Nella versione online dell’articolo, le due parti sono articolate in paragrafi successivi caratterizzati dallo stesso titolo: anche se concepito e curato da entrambi gli autori, quelli con la denominazione “A” sono attribuibili a Carlo Deregibus, quelli con la denominazione “B” ad Alberto Giustiniano.

Il filo e la marionetta. Verso un progettare strategico

Giustiniano, Alberto
2019

Abstract

La nozione di progettare ha un’ambiguità tale da sfidare i capisaldi concettuali che siamo abituati a usare, basati su coppie oppositive come ontologia-epistemologia, o teoria dell’architettura-teoria del progetto. Rompere queste coppie per snidarne le ambiguità è particolarmente ostico perché richiede uno sguardo esterno e terzo, uno sguardo che superi le trattazioni e ne riporti gli effetti – e non le trattazioni stesse – nell’agire. Per questo, l’articolo propone una lettura parallela sui temi: da un lato il progettare nell’ottica della riflessione filosofica, dall’altro in quella strettamente legata all’agire dell’architetto. Senza intersezioni se non l’organizzazione per macro-temi. Al lettore è lasciato il compito, e la libertà, di costruire i ponti tra le due letture, nell’idea che gli spunti di una parte nutrano evoluzioni possibili anche per l’altra. Come due facce della stessa medaglia, le parti sono legate da una concordanza di pensiero e di intenti, e da una serie di riscontranze nei risultati dei processi logici, che offrono due dimostrazioni parallele. Ma al tempo stesso, coerentemente con la tesi proposta, il loro contenuto non può, ai fini del futuro che genera e influenza, considerarsi concluso nelle sue parole, senza cioè che quei ponti, volontariamente o meno, siano creati. Non si propone quindi un dialogo tra sordi bensì, come nella quarta sinfonia di Charles Ives, due orchestre che suonano contemporaneamente due parti indipendenti, associate solo da un coro in distanza. Quel coro, quel referente, è il progettare, ovvero l’azione di conoscenza, svelamento e decisione tentativa e auspicativa del futuro: e la chiave di rottura concettuale è uno sguardo che guarda al progettare come a un efficace sviluppo strategico del potenziale. Nella versione online dell’articolo, le due parti sono articolate in paragrafi successivi caratterizzati dallo stesso titolo: anche se concepito e curato da entrambi gli autori, quelli con la denominazione “A” sono attribuibili a Carlo Deregibus, quelli con la denominazione “B” ad Alberto Giustiniano.
2019
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