Il contributo esplora in primo luogo il ruolo giocato dagli oggetti nei processi di costruzione di nuovi modelli di genere a cavallo tra Otto e Novecento. In particolare, la gonna-pantalone, vestita prima dalle donne borghesi e poi anche dei ceti popolari dei primi decenni del Novecento, così come i pantaloni e il monocolo negli ambienti del primo femminismo, sono gli oggetti attraverso cui generazioni di donne segnalarono pubblicamente la nascita di una nuova e più emancipata figura di donna. Allo stesso tempo, nei luoghi di socialità e incontro tra omosessuali molti oggetti tipicamente femminili diventarono parte del repertorio utilizzato per esprimere nuove forme di soggettività. Oltre che sugli abiti, l'autrice si sofferma sulla funzione svolta dalle fotografie in posa di uomini e donne en travesti ritrovate in archivi giudiziari o studi fotografici della prima metà del Novecento, di cui presenta un campione. In secondo luogo l'articolo indaga il modo in cui i segmenti più conservatori della società del periodo difesero ostinatamente la natura “monosessuale” di alcuni oggetti o capi di vestiario. Per il verso opposto, dunque, il “sesso degli oggetti” venne eretto a baluardo della divisione tra maschile e femminile che quei decenni di rapide trasformazioni, culturali e sociali, metteva drasticamente in crisi. Ritroviamo, così, intorno ad una donna in pantaloni una folla chiassosa e ostile, così come scienziati e opinionisti mobilitati contro un uomo che audacemente esibiva una camicia di pizzo sotto il gilet.

Oggetti del desiderio o corpi del reato? Abiti, accessori, fotografie e modelli di genere tra Otto e Novecento

SCHETTINI L
2013

Abstract

Il contributo esplora in primo luogo il ruolo giocato dagli oggetti nei processi di costruzione di nuovi modelli di genere a cavallo tra Otto e Novecento. In particolare, la gonna-pantalone, vestita prima dalle donne borghesi e poi anche dei ceti popolari dei primi decenni del Novecento, così come i pantaloni e il monocolo negli ambienti del primo femminismo, sono gli oggetti attraverso cui generazioni di donne segnalarono pubblicamente la nascita di una nuova e più emancipata figura di donna. Allo stesso tempo, nei luoghi di socialità e incontro tra omosessuali molti oggetti tipicamente femminili diventarono parte del repertorio utilizzato per esprimere nuove forme di soggettività. Oltre che sugli abiti, l'autrice si sofferma sulla funzione svolta dalle fotografie in posa di uomini e donne en travesti ritrovate in archivi giudiziari o studi fotografici della prima metà del Novecento, di cui presenta un campione. In secondo luogo l'articolo indaga il modo in cui i segmenti più conservatori della società del periodo difesero ostinatamente la natura “monosessuale” di alcuni oggetti o capi di vestiario. Per il verso opposto, dunque, il “sesso degli oggetti” venne eretto a baluardo della divisione tra maschile e femminile che quei decenni di rapide trasformazioni, culturali e sociali, metteva drasticamente in crisi. Ritroviamo, così, intorno ad una donna in pantaloni una folla chiassosa e ostile, così come scienziati e opinionisti mobilitati contro un uomo che audacemente esibiva una camicia di pizzo sotto il gilet.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3389703
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