Every day market operators exchange tens of thousand of stocks, creating an extremely rich information set to study price dynamics. Indeed, the pattern followed by asset returns have been a fundamental topic in finance literature for decades. Several studies provide evidence, Ball and Torous (1983), Jarrow and Rosenfeld (1984), and Jorion (1988) among others, that stock prices show sudden but infrequent movements of large magnitude, that are commonly known as jumps. Thus, it is a standard to design the dynamic of stock prices as a combination of a continuous diffusion component, plus discontinuous jumps. Because of their relevance in economics, finance, and decision sciences, the present thesis focuses on jumps in stock returns. Note, Chapters 1 and 2 represent two different papers, respectively entitled “Jump risk and pricing implications” and “The cross-sectional diffusion of jumps and the identifcation of collective sectorial movements”, each of them develops the main theme in a different direction. Chapter 1: construction of a jump risk factor. A central model in the description of market returns and risks is the Sharpe (1964), Lintner (1965), Mossin (1966) and Black (1972) CAPM. Subsequently, Fama and French (1993) and Carhart (1997) among others, proposed alternative asset-pricing models that add to the CAPM additional risk sources. Chapter 1 contributes to the existing literature by proposing a factor which captures investors fear of future jumps. Moreover, we add it to the Carhart (1997) model, thus putting forward a 5-factor model, and show that not only our factor is able to capture common variation in stock returns, but also that its use improves the model performance. We additionally compute the risk premiums for the five risk sources of the model and find that they are always positive and not signifcantly different from their factor means. In doing this we employ all CRSP stocks over the 1925-2014 sample period, which leads to 89 years of assets prices and more than 24,000 stocks. Chapter 2: cross-sectional jump diffusion. Even if there is evidence of price jumps in various markets, there is still little understanding about their cross-sectional diffusion. Chapter 2 investigates the presence of contemporaneous jumps among a large number of stocks, the multivariate jumps (or MJs), using a high-frequency dataset of considerable dimension. The database includes 1-minute prices for all 3,509 stocks belonging to the Russell 3000 index between January 2, 1998 and June 5, 2015 (4,344 days), data that we treat both as a whole as well by focusing on its 11 industries. Using the information about MJs, we then propose two indexes which summarize data on cross-sectional jump diffusion: the daily diffusion index (or DID), and the intraday diffusion index (or DII). Results confirm the usefulness of both DID and DII, which trends and residuals show more and higher spikes in correspondence of important economic moments, as in 2008 and 2010. Moreover, we observe a positive and signifcant association of diffusion indexes with the market, and highlight that limiting the analysis to systemic events could be misleading and incomplete, while we suggest a combined use of systemic and non-systemic MJs. We additionally establish a relationship between detected MJs and market-level news. Our results have important implication not only for asset allocation and hedging, but also in asset pricing. Regarding this last point, by including our diffusion indexes to the CAPM model, we prove that DID and DII capture common variation in stock returns that is missed by the market factor. This advocates to employ mulivariate jump information to build a factor capturing the cross-sectional jump risk, which could then be added, e.g., to the 5-factor model we propose in Chapter 1.
Ogni giorno gli operatori di mercato si scambiano decine di migliaia di titoli, creando in questo modo un ricco bacino d'informazione che può essere utilizzato per studiare la dinamica dei prezzi. Infatti, il processo seguito dai rendimenti dei titoli rappresenta un argomento fondamentale nella letteratura finanziaria da decenni. Diversi studi forniscono prove, tra gli altri Ball e Torous (1983), Jarrow e Rosenfeld (1984), e Jorion (1988), circa la presenza di improvvisi ed infrequenti movimenti di grande ampiezza nei prezzi delle azioni, conosciuti con il nome di jump (salti). Pertanto, è uno standard disegnare la dinamica dei prezzi delle azioni combinando una componente diffusiva continua e una componente discontinua rappresentata dai jump. A causa della loro rilevanza in economia, finanza e scienze delle decisioni, la presente tesi si concentra sui jump nei rendimenti azionari. Si noti che i capitoli 1 e 2 rappresentano due diversi paper, intitolati rispettivamente "Rischio legato ai jump e implicazioni sui prezzi" e "La diffusione nella cross-section dei jump e l'identificazione dei movimenti settoriali di tipo collettivo", ognuno dei quali sviluppa il tema principale in una diversa direzione. Capitolo 1: costruzione di un fattore di rischio legato ai jump. Un modello centrale nella descrizione dei rischi e rendimenti di mercato è quello proposto da Sharpe (1964), Lintner (1965), Mossin (1966) e Black (1972): il CAPM. Successivamente, Fama e French (1993) e Carhart (1997), tra gli altri, hanno proposto modelli di asset pricing alternativi, sviluppati espandono il CAPM con l’aggiunta di ulteriori fonti di rischio. Il primo capitolo contribuisce alla letteratura esistente proponendo un fattore in grado di catturare la paura degli investitori di futuri salti nei prezzi delle azioni, fattore che viene successivamente aggiunto al modello di Carhart (1997) creando, di conseguenza, un modello a cinque fattori. Tramite l’utilizzo di questo modello, dimostriamo che non solo il nostro fattore è in grado di catturare variazioni comuni nei rendimenti azionari, ma anche che il suo utilizzo migliora le prestazioni del modello. Infine calcoliamo i premi per il rischio associati alle cinque fonti di rischio del modello e mostriamo che essi sono sempre positivi e non significativamente diversi dai rendimenti medi dei fattori. Il database utilizzato per tutte le elaborazioni è costituito dalle informazioni reperibili tramite il CRSP per il periodo 1925-2014, scelta che ci permette di utilizzare una base di informazioni molto ampia: 89 anni di dati e più di 24.000 titoli. Capitolo 2: diffusione nella cross-section dei jump. Nonostante sia stata evidenziata la presenza di jump nei prezzi dei titoli per vari mercati, continua ad essere limitata la comprensione della loro diffusione nella cross-section. Il secondo capitolo indaga la presenza di jump che coinvolgono contemporaneamente un gran numero di azioni, i salti multivariati (o MJ), utilizzando un database di dati in alta frequenza di notevoli dimensioni. Il database include i prezzi a 1 minuto per tutti i 3.509 titoli appartenenti all'indice Russell 3000 tra il 2 Gennaio 1998 e il 5 Giugno 2015 (4.344 giorni), dati che trattiamo sia nel loro complesso sia concentrandoci sulle 11 industrie cui appartengono. Utilizzando le informazioni sui jump multivariati, proponiamo due indici informativi della diffusione in cross-section dei jump: un indice di diffusione giornaliero (o DID), e un indice di diffusione intraday (o DII). I risultati confermano l'utilità di entrambi gli indici, i cui trend e residui mostrano picchi più alti in corrispondenza di importanti fasi economiche, come ad esempio il 2008 e il 2010. Inoltre, osserviamo una correlazione positiva e significativa degli indici di diffusione con il mercato ed evidenziamo che un’analisi limitata agli eventi sistemici potrebbe essere fuorviante e incompleta. Diversamente si consiglia l’uso combinato di jump multivariati sistemici e non sistemici. Siamo inoltre in grado di stabilire una relazione tra jump multivariati e notizie a livello di mercato. I nostri risultati hanno importanti implicazioni non solo per le attività di asset allocation ed hedging, ma anche nel settore di asset pricing. Per quanto riguarda questo ultimo punto, includendo i nostri indici di diffusione in un modello CAPM, dimostriamo che, sia il DID che il DII, catturano variazioni comuni dei rendimenti azionari che sono invece tralasciate dal fattore di mercato. Questi risultati depongono a favore dell’utilizzo di informazioni sui jump multivariati per la costruzione di un fattore che catturi il rischio di jump nella cross-section, che potrebbe poi essere aggiunto, ad esempio, nel modello a 5 fattori che abbiamo proposto nel Capitolo 1.
Jumps diffusion and jump risk pricing / Zambon, Nancy. - (2017 Jan 30).
Jumps diffusion and jump risk pricing
Zambon, Nancy
2017
Abstract
Ogni giorno gli operatori di mercato si scambiano decine di migliaia di titoli, creando in questo modo un ricco bacino d'informazione che può essere utilizzato per studiare la dinamica dei prezzi. Infatti, il processo seguito dai rendimenti dei titoli rappresenta un argomento fondamentale nella letteratura finanziaria da decenni. Diversi studi forniscono prove, tra gli altri Ball e Torous (1983), Jarrow e Rosenfeld (1984), e Jorion (1988), circa la presenza di improvvisi ed infrequenti movimenti di grande ampiezza nei prezzi delle azioni, conosciuti con il nome di jump (salti). Pertanto, è uno standard disegnare la dinamica dei prezzi delle azioni combinando una componente diffusiva continua e una componente discontinua rappresentata dai jump. A causa della loro rilevanza in economia, finanza e scienze delle decisioni, la presente tesi si concentra sui jump nei rendimenti azionari. Si noti che i capitoli 1 e 2 rappresentano due diversi paper, intitolati rispettivamente "Rischio legato ai jump e implicazioni sui prezzi" e "La diffusione nella cross-section dei jump e l'identificazione dei movimenti settoriali di tipo collettivo", ognuno dei quali sviluppa il tema principale in una diversa direzione. Capitolo 1: costruzione di un fattore di rischio legato ai jump. Un modello centrale nella descrizione dei rischi e rendimenti di mercato è quello proposto da Sharpe (1964), Lintner (1965), Mossin (1966) e Black (1972): il CAPM. Successivamente, Fama e French (1993) e Carhart (1997), tra gli altri, hanno proposto modelli di asset pricing alternativi, sviluppati espandono il CAPM con l’aggiunta di ulteriori fonti di rischio. Il primo capitolo contribuisce alla letteratura esistente proponendo un fattore in grado di catturare la paura degli investitori di futuri salti nei prezzi delle azioni, fattore che viene successivamente aggiunto al modello di Carhart (1997) creando, di conseguenza, un modello a cinque fattori. Tramite l’utilizzo di questo modello, dimostriamo che non solo il nostro fattore è in grado di catturare variazioni comuni nei rendimenti azionari, ma anche che il suo utilizzo migliora le prestazioni del modello. Infine calcoliamo i premi per il rischio associati alle cinque fonti di rischio del modello e mostriamo che essi sono sempre positivi e non significativamente diversi dai rendimenti medi dei fattori. Il database utilizzato per tutte le elaborazioni è costituito dalle informazioni reperibili tramite il CRSP per il periodo 1925-2014, scelta che ci permette di utilizzare una base di informazioni molto ampia: 89 anni di dati e più di 24.000 titoli. Capitolo 2: diffusione nella cross-section dei jump. Nonostante sia stata evidenziata la presenza di jump nei prezzi dei titoli per vari mercati, continua ad essere limitata la comprensione della loro diffusione nella cross-section. Il secondo capitolo indaga la presenza di jump che coinvolgono contemporaneamente un gran numero di azioni, i salti multivariati (o MJ), utilizzando un database di dati in alta frequenza di notevoli dimensioni. Il database include i prezzi a 1 minuto per tutti i 3.509 titoli appartenenti all'indice Russell 3000 tra il 2 Gennaio 1998 e il 5 Giugno 2015 (4.344 giorni), dati che trattiamo sia nel loro complesso sia concentrandoci sulle 11 industrie cui appartengono. Utilizzando le informazioni sui jump multivariati, proponiamo due indici informativi della diffusione in cross-section dei jump: un indice di diffusione giornaliero (o DID), e un indice di diffusione intraday (o DII). I risultati confermano l'utilità di entrambi gli indici, i cui trend e residui mostrano picchi più alti in corrispondenza di importanti fasi economiche, come ad esempio il 2008 e il 2010. Inoltre, osserviamo una correlazione positiva e significativa degli indici di diffusione con il mercato ed evidenziamo che un’analisi limitata agli eventi sistemici potrebbe essere fuorviante e incompleta. Diversamente si consiglia l’uso combinato di jump multivariati sistemici e non sistemici. Siamo inoltre in grado di stabilire una relazione tra jump multivariati e notizie a livello di mercato. I nostri risultati hanno importanti implicazioni non solo per le attività di asset allocation ed hedging, ma anche nel settore di asset pricing. Per quanto riguarda questo ultimo punto, includendo i nostri indici di diffusione in un modello CAPM, dimostriamo che, sia il DID che il DII, catturano variazioni comuni dei rendimenti azionari che sono invece tralasciate dal fattore di mercato. Questi risultati depongono a favore dell’utilizzo di informazioni sui jump multivariati per la costruzione di un fattore che catturi il rischio di jump nella cross-section, che potrebbe poi essere aggiunto, ad esempio, nel modello a 5 fattori che abbiamo proposto nel Capitolo 1.File | Dimensione | Formato | |
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