The aim of this thesis is the analysis, by documentary images, shoot from post-war period until the “economic boom”, of landscape, anthropological, cultural and economic transformation which took place in North-East Italy. Thanks to a multidisciplinary approach which deals with sociological, artistic, psychoanalytic, philosophic, historic and economic aspects, the work develops enabling a deeper, more stratified and complex reading of the cinematographic representation of this transformation. After a short introduction in which the methodological and content choices are explained, we pass to the body of the thesis, divided into three main areas: The work, the rite, the sacred; The landscape, the soul of the places, the places without a soul; The loss of human importance towards the space. In the first domain, after realizing the total lack of religious or anthropological documentaries as the ones shoot in South Italy in the same period, the presence of the sacred is investigated from other points of view. Since the sacred always slopes down, after all, into the rite, a possible comparison can be found in the rite of work. It is thanks to the short films realized by Ermanno Olmi for Edisonvolta that work becomes the symbol of the holy rite, of the human demiurge who keeps his knowledge and his own individuality in spite of the quick passage to the modern. However, this perspective is counterbalanced by other film directors who show, instead, the dehumanization of the worker inside the factory, thus analysing the different aspects of the same issue. In the second area, work is no more related to the sacred but it becomes a tool which frees from hunger, sorrow and humiliation, as evident in Florestano Vancini’s works. Supported by the “Camera del lavoro” of Ferrara, these works associate the civil and political commitment to a style which is influenced by both the neorealist and the “macchiaioli” painting. The landscape, which in Vancini’s works is subject of denouncement because of its decay, or a matter of pictorial digressions if interpreted in a bucolic perspective, in film directors like Piavoli and the less known Renzo Ragazzi, becomes immediately a myth bearer. In the third part, in comparison with the anthropocentrical vision of the first one and with the balanced perspective between man and nature of the second one, there is a process of depersonalisation of man until his final disappearance. The results are empty spaces or disturbing architectonic buildings in a De Chirico style. The filmmaker who better grabs this tendency is Michelangelo Antonioni whose works not only deal with philosophic existential and aesthetic problems but also directly reflect upon this vision. Antonioni’s short films are compared with those of other film directors who, consciously or unconsciously, are influenced by him. They are charmed by the “shapes” of his rural and urban landscapes, stating at the same time the loss of the human being bearing. In the conclusion, besides summing up the different trends focused by the analysis of the cinematographic material taken into account, we try to identify the film directors who, still today, both in documentary and in fiction, talk about the changes of the territory. We also try to identify the ones who are looking again for the soul of the landscape by putting art, literature, poetry and especially cinema as places of the memory and by considering them as tools able to hinder the levelling and the barbaric destruction.

La tesi analizza le trasformazioni paesaggistiche, antropologiche, culturali, economiche dell’Italia del Nord-Est attraverso le immagini dei documentari realizzati tra l’immediato dopoguerra e gli anni del boom economico. Lo studio si articola secondo un approccio pluridisciplinare - sociologico, artistico, psicanalitico, filosofico, storico-economico - che favorisce una lettura più stratificata e molteplice della rappresentazione cinematografica di tale mutamento, ponendo a questione l’osmosi intercorrente fra difformi materie che, da angolazioni diverse, catturano un comune sentire riproducendolo nella forma loro più congeniale. Dopo una breve introduzione, in cui vengono esplicate le scelte metodologiche e contenutistiche, si passa al vero e proprio corpus della tesi, composta da tre macroaree: Lavoro, rito, sacralità; Il paesaggio, l’anima dei luoghi, i luoghi senz’anima; La perdita di importanza dell’uomo nei confronti dello spazio. Nella prima, dopo aver preso atto della totale assenza di documentari di matrice religiosa o di carattere antropologico assimilabili a quelli prodotti nel Sud Italia nel medesimo periodo, la presenza del sacro viene indagata sotto altri aspetti. Poiché la sacralità si declina, in fondo, sempre in una ritualità, un possibile riscontro è rintracciabile nel rituale lavorativo. Soprattutto grazie ai cortometraggi che Ermanno Olmi realizza per l’Edisonvolta, il lavoro diventa l’emblema del rito sacrale, dell’uomo-demiurgo che, pur nel rapido passaggio alla modernità, mantiene i propri saperi e la propria individualità. Ciò però viene controbilanciato da altri autori, che mostrano invece la disumanizzazione del lavoratore all’interno della fabbrica, indagando così le varie facce del medesimo problema. Nella seconda macroarea, il lavoro non ha più alcuna attinenza col sacro, ma diventa strumento che affranca dalla fame, dalla desolazione, dall’umiliazione, come è evidente nelle opere di Florestano Vancini che, sostenute dalla Camera del Lavoro di Ferrara, associano all’impegno civile e politico uno stile che risente della lezione neorealista così come della pittura dei Macchiaioli. Il paesaggio, che in Vancini è argomento di denuncia, a causa del degrado, o di divagazioni pittoriche, se declinato in chiave bucolica, in registi come Piavoli, ma anche in altri meno conosciuti come Renzo Ragazzi, è immediatamente portatore di mito. La posizione antropocentrica delineata nella prima parte e quella di equilibrio tra uomo e natura tratteggiata nella seconda vengono soppiantate, nella terza macroarea, da una progressiva spersonalizzazione dell’uomo culminante talora nella sua scomparsa, per lasciare il campo a spazi vuoti o a costruzioni architettoniche dagli inquietanti richiami dechirichiani. L’autore che meglio identifica questa parabola è Michelangelo Antonioni, i cui lavori, saturi di problematiche filosofiche, esistenziali ed estetiche, sono anche tra i pochi che interroghino direttamente lo statuto ontologico della visione. I cortometraggi di Antonioni vengono confrontati con quelli di registi che, consapevolmente o inconsapevolmente, risentono della sua influenza e rimangono affascinati dalle “forme” di paesaggi contadini e urbani, decretando al tempo stesso la perdita di rilevanza dell’uomo. Nella conclusione, oltre a fare il punto sulle varie tendenze ricavate dallo studio del materiale cinematografico analizzato, si tenta di individuare chi oggi, nel documentario e nel cinema di finzione, riprenda le fila del discorso sulla trasformazione del territorio e ricerchi nuovamente un’anima nel paesaggio, affermando l’arte, la letteratura, la poesia e soprattutto il cinema come luoghi della memoria e come strumenti atti a contrastare, coraggiosamente, l’appiattimento e la barbarica distruzione.

Il sacro, il riscatto, la perdita dell'anima. L'Italia del Nord-Est nel documentario cinematografico dal dopoguerra al miracolo economico / Zerbinati, Gloria. - (2009).

Il sacro, il riscatto, la perdita dell'anima. L'Italia del Nord-Est nel documentario cinematografico dal dopoguerra al miracolo economico

Zerbinati, Gloria
2009

Abstract

La tesi analizza le trasformazioni paesaggistiche, antropologiche, culturali, economiche dell’Italia del Nord-Est attraverso le immagini dei documentari realizzati tra l’immediato dopoguerra e gli anni del boom economico. Lo studio si articola secondo un approccio pluridisciplinare - sociologico, artistico, psicanalitico, filosofico, storico-economico - che favorisce una lettura più stratificata e molteplice della rappresentazione cinematografica di tale mutamento, ponendo a questione l’osmosi intercorrente fra difformi materie che, da angolazioni diverse, catturano un comune sentire riproducendolo nella forma loro più congeniale. Dopo una breve introduzione, in cui vengono esplicate le scelte metodologiche e contenutistiche, si passa al vero e proprio corpus della tesi, composta da tre macroaree: Lavoro, rito, sacralità; Il paesaggio, l’anima dei luoghi, i luoghi senz’anima; La perdita di importanza dell’uomo nei confronti dello spazio. Nella prima, dopo aver preso atto della totale assenza di documentari di matrice religiosa o di carattere antropologico assimilabili a quelli prodotti nel Sud Italia nel medesimo periodo, la presenza del sacro viene indagata sotto altri aspetti. Poiché la sacralità si declina, in fondo, sempre in una ritualità, un possibile riscontro è rintracciabile nel rituale lavorativo. Soprattutto grazie ai cortometraggi che Ermanno Olmi realizza per l’Edisonvolta, il lavoro diventa l’emblema del rito sacrale, dell’uomo-demiurgo che, pur nel rapido passaggio alla modernità, mantiene i propri saperi e la propria individualità. Ciò però viene controbilanciato da altri autori, che mostrano invece la disumanizzazione del lavoratore all’interno della fabbrica, indagando così le varie facce del medesimo problema. Nella seconda macroarea, il lavoro non ha più alcuna attinenza col sacro, ma diventa strumento che affranca dalla fame, dalla desolazione, dall’umiliazione, come è evidente nelle opere di Florestano Vancini che, sostenute dalla Camera del Lavoro di Ferrara, associano all’impegno civile e politico uno stile che risente della lezione neorealista così come della pittura dei Macchiaioli. Il paesaggio, che in Vancini è argomento di denuncia, a causa del degrado, o di divagazioni pittoriche, se declinato in chiave bucolica, in registi come Piavoli, ma anche in altri meno conosciuti come Renzo Ragazzi, è immediatamente portatore di mito. La posizione antropocentrica delineata nella prima parte e quella di equilibrio tra uomo e natura tratteggiata nella seconda vengono soppiantate, nella terza macroarea, da una progressiva spersonalizzazione dell’uomo culminante talora nella sua scomparsa, per lasciare il campo a spazi vuoti o a costruzioni architettoniche dagli inquietanti richiami dechirichiani. L’autore che meglio identifica questa parabola è Michelangelo Antonioni, i cui lavori, saturi di problematiche filosofiche, esistenziali ed estetiche, sono anche tra i pochi che interroghino direttamente lo statuto ontologico della visione. I cortometraggi di Antonioni vengono confrontati con quelli di registi che, consapevolmente o inconsapevolmente, risentono della sua influenza e rimangono affascinati dalle “forme” di paesaggi contadini e urbani, decretando al tempo stesso la perdita di rilevanza dell’uomo. Nella conclusione, oltre a fare il punto sulle varie tendenze ricavate dallo studio del materiale cinematografico analizzato, si tenta di individuare chi oggi, nel documentario e nel cinema di finzione, riprenda le fila del discorso sulla trasformazione del territorio e ricerchi nuovamente un’anima nel paesaggio, affermando l’arte, la letteratura, la poesia e soprattutto il cinema come luoghi della memoria e come strumenti atti a contrastare, coraggiosamente, l’appiattimento e la barbarica distruzione.
2009
The aim of this thesis is the analysis, by documentary images, shoot from post-war period until the “economic boom”, of landscape, anthropological, cultural and economic transformation which took place in North-East Italy. Thanks to a multidisciplinary approach which deals with sociological, artistic, psychoanalytic, philosophic, historic and economic aspects, the work develops enabling a deeper, more stratified and complex reading of the cinematographic representation of this transformation. After a short introduction in which the methodological and content choices are explained, we pass to the body of the thesis, divided into three main areas: The work, the rite, the sacred; The landscape, the soul of the places, the places without a soul; The loss of human importance towards the space. In the first domain, after realizing the total lack of religious or anthropological documentaries as the ones shoot in South Italy in the same period, the presence of the sacred is investigated from other points of view. Since the sacred always slopes down, after all, into the rite, a possible comparison can be found in the rite of work. It is thanks to the short films realized by Ermanno Olmi for Edisonvolta that work becomes the symbol of the holy rite, of the human demiurge who keeps his knowledge and his own individuality in spite of the quick passage to the modern. However, this perspective is counterbalanced by other film directors who show, instead, the dehumanization of the worker inside the factory, thus analysing the different aspects of the same issue. In the second area, work is no more related to the sacred but it becomes a tool which frees from hunger, sorrow and humiliation, as evident in Florestano Vancini’s works. Supported by the “Camera del lavoro” of Ferrara, these works associate the civil and political commitment to a style which is influenced by both the neorealist and the “macchiaioli” painting. The landscape, which in Vancini’s works is subject of denouncement because of its decay, or a matter of pictorial digressions if interpreted in a bucolic perspective, in film directors like Piavoli and the less known Renzo Ragazzi, becomes immediately a myth bearer. In the third part, in comparison with the anthropocentrical vision of the first one and with the balanced perspective between man and nature of the second one, there is a process of depersonalisation of man until his final disappearance. The results are empty spaces or disturbing architectonic buildings in a De Chirico style. The filmmaker who better grabs this tendency is Michelangelo Antonioni whose works not only deal with philosophic existential and aesthetic problems but also directly reflect upon this vision. Antonioni’s short films are compared with those of other film directors who, consciously or unconsciously, are influenced by him. They are charmed by the “shapes” of his rural and urban landscapes, stating at the same time the loss of the human being bearing. In the conclusion, besides summing up the different trends focused by the analysis of the cinematographic material taken into account, we try to identify the film directors who, still today, both in documentary and in fiction, talk about the changes of the territory. We also try to identify the ones who are looking again for the soul of the landscape by putting art, literature, poetry and especially cinema as places of the memory and by considering them as tools able to hinder the levelling and the barbaric destruction.
Documentario, Polesine, Delta del Po, Nord-Est Italia, Secondo dopoguerra, Boom economico
Il sacro, il riscatto, la perdita dell'anima. L'Italia del Nord-Est nel documentario cinematografico dal dopoguerra al miracolo economico / Zerbinati, Gloria. - (2009).
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