L'articolo prende in esame la spinta verso la transizione ecologica e ne vaglia le istanze in relazione a questioni di giustizia climatica. Vi si sostiene la necessità di rimodellare l’impianto complessivo della nostra modalità di relazionarci all’ambiente. Si tratta di un ripensamento che andrà esteso dalla relazione tra umanità e ambiente fino a prospettare una messa in discussione per ridefinire la nozione stessa di umanità. Se ci era sembrato appropriato immaginarci quali esseri autonomi e razionali, a cui le risorse dell’ambiente fossero state affidate per l’esclusivo soddisfacimento dei propri bisogni, gli effetti a lungo termine di questa visione, in cui il regnum hominis si regge su una razionalità esclusivamente strumentale, denunciano l’illusorietà e la parzialità di questa concezione. Soprattutto, ci rivelano a noi stessi come esseri dipendenti, drasticamente limitati nella nostra capacità di percepire le implicazioni morali di azioni e scelte divenute consuetudinarie, ma nondimeno cieche e irrazionali perfino nell’ottica limitata di garantire il bene per la nostra specie. La questione dell’etica ambientale trascina quindi con sé un più ampio spettro di problemi, in cui la riconsiderazione dei criteri di deliberazione ispirati a ragioni di tardiva prudenza si impone come imprescindibile. Ripensare il rapporto con l’ambiente significa oggi ripensare l’umano. Se è con sgomento che prendiamo coscienza retrospettivamente di un disastro provocato senza apparente intenzione, l’unica possibilità di “speranza disperata” risiede nel riconoscerci, pur nella nostra intrinseca vulnerabilità, anche come gli unici esseri in grado di attuare un progetto rivolto a porvi rimedio.

Verso quale transizione? Profili di giustizia climatica

Romana Bassi
2021

Abstract

L'articolo prende in esame la spinta verso la transizione ecologica e ne vaglia le istanze in relazione a questioni di giustizia climatica. Vi si sostiene la necessità di rimodellare l’impianto complessivo della nostra modalità di relazionarci all’ambiente. Si tratta di un ripensamento che andrà esteso dalla relazione tra umanità e ambiente fino a prospettare una messa in discussione per ridefinire la nozione stessa di umanità. Se ci era sembrato appropriato immaginarci quali esseri autonomi e razionali, a cui le risorse dell’ambiente fossero state affidate per l’esclusivo soddisfacimento dei propri bisogni, gli effetti a lungo termine di questa visione, in cui il regnum hominis si regge su una razionalità esclusivamente strumentale, denunciano l’illusorietà e la parzialità di questa concezione. Soprattutto, ci rivelano a noi stessi come esseri dipendenti, drasticamente limitati nella nostra capacità di percepire le implicazioni morali di azioni e scelte divenute consuetudinarie, ma nondimeno cieche e irrazionali perfino nell’ottica limitata di garantire il bene per la nostra specie. La questione dell’etica ambientale trascina quindi con sé un più ampio spettro di problemi, in cui la riconsiderazione dei criteri di deliberazione ispirati a ragioni di tardiva prudenza si impone come imprescindibile. Ripensare il rapporto con l’ambiente significa oggi ripensare l’umano. Se è con sgomento che prendiamo coscienza retrospettivamente di un disastro provocato senza apparente intenzione, l’unica possibilità di “speranza disperata” risiede nel riconoscerci, pur nella nostra intrinseca vulnerabilità, anche come gli unici esseri in grado di attuare un progetto rivolto a porvi rimedio.
2021
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