Negli scorsi mesi si è richiamata da più parti [1] la necessità che i valori, le esperienze e le visioni delle donne diventino centrali nel ripensare modelli di sviluppo e relazioni sociali in risposta alla crisi generata dal COVID-19. Lo si era già sottolineato, senza esiti significativi, dopo la crisi economico finanziaria del 2008-2010, quando molteplici analisi avevano evidenziato l’impatto drammatico di tale crisi sulle donne e i gruppi svantaggiati della società [2]. Lo riaffermano, in quest’avvio di decade segnato dalla pandemia, molteplici interventi a diversi livelli, dalle Nazioni Unite alla Commissione Europea, ai piani nazionali per la ripartenza elaborati dagli enti per le Pari Opportunità di diversi Paesi. Questa volta, però, si parte da un riconoscimento esplicito del contributo che le donne hanno dato alla gestione della crisi a tutti i livelli, dall’ambito privato della cura a quello sanitario, alla ricerca scientifica; mentre pare emergere una consapevolezza diffusa che sia necessario un profondo ripensamento delle relazioni di mercato, dei rapporti all’interno delle comunità umane e fra queste e l’ambiente naturale. La situazione impone una trasformazione culturale profonda; e si rafforza la convinzione che quella che stiamo attraversando possa essere un’occasione storica per ri/affermare le prospettive e le proposte sviluppate nell’arco di decenni da movimenti femministi, studiose, esperte e istituzioni lungimiranti. In questo quadro s’inserisce l’idea che qualsiasi progettualità per il futuro non possa prescindere da un esplicito e definitivo impegno per l’uguaglianza di genere nei programmi e nelle strategie di ripresa, ripartenza, rinascimento. Questo richiede in primo luogo un deciso impegno culturale: nel promuovere e fare circolare idee alternative e rispettose della diversità, nell’affermare valori di inclusione e solidarietà, nel disegnare programmi centrati su pratiche reali di eguali opportunità.

[Equità Di Genere] Cultura e comunicazione al centro dei processi di rinascita?

Claudia Padovani
2020

Abstract

Negli scorsi mesi si è richiamata da più parti [1] la necessità che i valori, le esperienze e le visioni delle donne diventino centrali nel ripensare modelli di sviluppo e relazioni sociali in risposta alla crisi generata dal COVID-19. Lo si era già sottolineato, senza esiti significativi, dopo la crisi economico finanziaria del 2008-2010, quando molteplici analisi avevano evidenziato l’impatto drammatico di tale crisi sulle donne e i gruppi svantaggiati della società [2]. Lo riaffermano, in quest’avvio di decade segnato dalla pandemia, molteplici interventi a diversi livelli, dalle Nazioni Unite alla Commissione Europea, ai piani nazionali per la ripartenza elaborati dagli enti per le Pari Opportunità di diversi Paesi. Questa volta, però, si parte da un riconoscimento esplicito del contributo che le donne hanno dato alla gestione della crisi a tutti i livelli, dall’ambito privato della cura a quello sanitario, alla ricerca scientifica; mentre pare emergere una consapevolezza diffusa che sia necessario un profondo ripensamento delle relazioni di mercato, dei rapporti all’interno delle comunità umane e fra queste e l’ambiente naturale. La situazione impone una trasformazione culturale profonda; e si rafforza la convinzione che quella che stiamo attraversando possa essere un’occasione storica per ri/affermare le prospettive e le proposte sviluppate nell’arco di decenni da movimenti femministi, studiose, esperte e istituzioni lungimiranti. In questo quadro s’inserisce l’idea che qualsiasi progettualità per il futuro non possa prescindere da un esplicito e definitivo impegno per l’uguaglianza di genere nei programmi e nelle strategie di ripresa, ripartenza, rinascimento. Questo richiede in primo luogo un deciso impegno culturale: nel promuovere e fare circolare idee alternative e rispettose della diversità, nell’affermare valori di inclusione e solidarietà, nel disegnare programmi centrati su pratiche reali di eguali opportunità.
2020
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