Questo articolo propone alcune riflessioni sull’educazione al paesaggio in caso di disabilità visiva. Dopo quattro anni di ricerca dedicati a questo tema, desideriamo condividere con la comunità scientifica una questione per noi cruciale, ma sostanzialmente ancora ignorata in letteratura. L’educatore può omettere o ha il dovere di comunicare il significato visivo del concetto di paesaggio? Quali responsabilità, quali rischi e quali benefici possono emergere da una o dall’altra scelta? Crediamo che si tratti di un problema delicato e affatto banale, che non può essere aggirato semplicemente ricorrendo a forme di percezione e significazione non visuali. Per qualsiasi scelta si protenda, riteniamo che si tratti di un problema che investe la deontologia educativa, che determina e quindi precede ogni eventuale speculazione teorica o soluzione metodologica. Per questa ragione, desideriamo fornire al lettore alcuni strumenti concettuali utili a inquadrare la questione e le sue possibili implicazioni attraverso differenti punti di vista. Nella fattispecie, la riflessione su tali implicazioni sarà sviluppata adottando e comparando tre tipologie di fonti: fonti normative nazionali e internazionali; fonti etimologiche e linguistiche; fonti della teoria geografica sul paesaggio. L’esito di queste riflessioni ci porta a ipotizzare che, anche in caso di disabilità visiva, l’educatore non possa sottrarsi al dovere di trovare gli strumenti per comunicare il valore visivo del paesaggio e, di conseguenza, a tutti i rischi che questa scelta comporta.

La didattica del paesaggio in caso di disabilità visiva: alcune riflessioni per una deontologia dell’educazione geografica

Benedetta Castiglioni
Supervision
2022

Abstract

Questo articolo propone alcune riflessioni sull’educazione al paesaggio in caso di disabilità visiva. Dopo quattro anni di ricerca dedicati a questo tema, desideriamo condividere con la comunità scientifica una questione per noi cruciale, ma sostanzialmente ancora ignorata in letteratura. L’educatore può omettere o ha il dovere di comunicare il significato visivo del concetto di paesaggio? Quali responsabilità, quali rischi e quali benefici possono emergere da una o dall’altra scelta? Crediamo che si tratti di un problema delicato e affatto banale, che non può essere aggirato semplicemente ricorrendo a forme di percezione e significazione non visuali. Per qualsiasi scelta si protenda, riteniamo che si tratti di un problema che investe la deontologia educativa, che determina e quindi precede ogni eventuale speculazione teorica o soluzione metodologica. Per questa ragione, desideriamo fornire al lettore alcuni strumenti concettuali utili a inquadrare la questione e le sue possibili implicazioni attraverso differenti punti di vista. Nella fattispecie, la riflessione su tali implicazioni sarà sviluppata adottando e comparando tre tipologie di fonti: fonti normative nazionali e internazionali; fonti etimologiche e linguistiche; fonti della teoria geografica sul paesaggio. L’esito di queste riflessioni ci porta a ipotizzare che, anche in caso di disabilità visiva, l’educatore non possa sottrarsi al dovere di trovare gli strumenti per comunicare il valore visivo del paesaggio e, di conseguenza, a tutti i rischi che questa scelta comporta.
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