In un mondo – quale è quello del processo tributario – dominato da una forte tendenza ad una sovrapproduzione di norme che cercano di rincorrere affannosamente la realtà sostanziale cercando di normarla piuttosto che di sistematizzarla (che è un po’ come cercare di arginare un fiume in piena mettendo dei grossi massi sulle sponde, soluzione che rischia solo di accelerarne la corrente), manca ormai da tempo un lavoro che cerchi di ripensare ad una teoria generale del processo tributario in chiave critica. Una teoria generale, insomma, che non si limiti solo alla mera speculazione dottrinale (seppur operazione ricca di fascino), ma che guardi alla dimensione pratico-applicativa per tentare di creare uno schema dal quale derivare soluzioni ad enigmi o a problemi nei quali il legislatore non si è ancora imbattuto o non si è ancora fatto carico di risolvere. Per compiere tale operazione è imprescindibile tornare a riflettere sulla pietra d’angolo dell’intero sistema processuale: l’oggetto del processo. Una nozione su cui, a logica, dovrebbe esserci unità di pensiero e a cui sempre si dovrebbe guardare nella costruzione del sistema legislativo processuale, in quanto non si può costruire un solido edificio se non se ne costruiscono “a regola d’arte” le fondamenta. Mai pensiero fu, però, così distante dalla realtà fattuale delle cose, in quanto non vi è – e forse non vi è mai stata – unità di vedute su cosa debba costituire oggetto del processo. E allora, per comprendere appieno cosa costituisca l’oggetto del processo occorre in primo luogo ripartire dalle contrapposizioni storico-dottrinali che, in modo particolare a partire dagli anni Sessanta, si sono manifestate in quest’ambito fino a culminare nell’opera che meglio ha rappresentato il sunto di tutto il dibattito: L’oggetto del processo tributario di Cesare Glendi del 1984. In secondo luogo, occorre testare il lato pratico delle teorie. È proprio compiendo questo fondamentale passaggio, spesso sottovalutato dalla dottrina che si occupa di costruire una teoria generale del processo, che ci si accorge della bonarietà e della coerenza delle conclusioni a cui è giunta la teoria costitutiva che, seppure con qualche aggiustamento, ancor oggi rappresenta la costruzione logicamente più coerente con l’intero sistema processuale tributario. Infine, analizzando gli istituti del giudicato, della pregiudizialità e degli effetti dell’estinzione del processo sull’atto impugnato, ci si rende conto di quanto sia importante costruire un sistema di teoria generale del processo e quanto questo sia fondamentale per trovare soluzioni coerenti che possano garantire stabilità e dare attuazione a quel principio, troppo spesso considerato un vero e proprio mito, di certezza del diritto di cui tanto si sente il bisogno oggigiorno.

L'oggetto del processo tributario, fra teorie dichiarative e teorie costitutive: tracciati evolutivi

CORRARO D
2019

Abstract

In un mondo – quale è quello del processo tributario – dominato da una forte tendenza ad una sovrapproduzione di norme che cercano di rincorrere affannosamente la realtà sostanziale cercando di normarla piuttosto che di sistematizzarla (che è un po’ come cercare di arginare un fiume in piena mettendo dei grossi massi sulle sponde, soluzione che rischia solo di accelerarne la corrente), manca ormai da tempo un lavoro che cerchi di ripensare ad una teoria generale del processo tributario in chiave critica. Una teoria generale, insomma, che non si limiti solo alla mera speculazione dottrinale (seppur operazione ricca di fascino), ma che guardi alla dimensione pratico-applicativa per tentare di creare uno schema dal quale derivare soluzioni ad enigmi o a problemi nei quali il legislatore non si è ancora imbattuto o non si è ancora fatto carico di risolvere. Per compiere tale operazione è imprescindibile tornare a riflettere sulla pietra d’angolo dell’intero sistema processuale: l’oggetto del processo. Una nozione su cui, a logica, dovrebbe esserci unità di pensiero e a cui sempre si dovrebbe guardare nella costruzione del sistema legislativo processuale, in quanto non si può costruire un solido edificio se non se ne costruiscono “a regola d’arte” le fondamenta. Mai pensiero fu, però, così distante dalla realtà fattuale delle cose, in quanto non vi è – e forse non vi è mai stata – unità di vedute su cosa debba costituire oggetto del processo. E allora, per comprendere appieno cosa costituisca l’oggetto del processo occorre in primo luogo ripartire dalle contrapposizioni storico-dottrinali che, in modo particolare a partire dagli anni Sessanta, si sono manifestate in quest’ambito fino a culminare nell’opera che meglio ha rappresentato il sunto di tutto il dibattito: L’oggetto del processo tributario di Cesare Glendi del 1984. In secondo luogo, occorre testare il lato pratico delle teorie. È proprio compiendo questo fondamentale passaggio, spesso sottovalutato dalla dottrina che si occupa di costruire una teoria generale del processo, che ci si accorge della bonarietà e della coerenza delle conclusioni a cui è giunta la teoria costitutiva che, seppure con qualche aggiustamento, ancor oggi rappresenta la costruzione logicamente più coerente con l’intero sistema processuale tributario. Infine, analizzando gli istituti del giudicato, della pregiudizialità e degli effetti dell’estinzione del processo sull’atto impugnato, ci si rende conto di quanto sia importante costruire un sistema di teoria generale del processo e quanto questo sia fondamentale per trovare soluzioni coerenti che possano garantire stabilità e dare attuazione a quel principio, troppo spesso considerato un vero e proprio mito, di certezza del diritto di cui tanto si sente il bisogno oggigiorno.
2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3504634
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