Il percorso che ha caratterizzato la creazione del film documentario Logos Zanzotto (2021), da me realizzato nel 2021, ha significato prima di tutto fare i conti con la possibilità di ripercorre l’opera poetica di una delle più importanti voci della poesia italiana. Andrea Zanzotto (1921-2011) è stato il poeta che più da vicino ha saputo osservare e narrare i cambiamenti della società italiana, in particolare di quella “megalopoli padana” di cui la sua Pieve di Soligo, nelle Prealpi Trevigiane, ha costituito una sorta di ideale epicentro, di ottimale punto d’osservazione. La sua poesia è divenuta nel tempo una imprescindibile ricerca di definizione e di valorizzazione del concetto di paesaggio, travalicando i confini geografici in cui è stata concepita ed evidenziandone il necessario ruolo nel rapporto tra natura ed esperienza umana. Da Dietro il paesaggio (1951) sino a Conglomerati (2009), passando attraverso La Beltà (1968), Il Galateo in Bosco (1978), Fosfeni (1983), Meteo (1996), l’opera poetica di Zanzotto ha sondato le molteplici valenze che il termine ‘paesaggio’ porta con sé, scorgendone di volta in volta i cambiamenti, i rischi, le alterazioni. Quel paesaggio in perenne transizione è l’oggetto principale attorno al quale è avvenuta la realizzazione di Logos Zanzotto, provando a osservare oggi i luoghi che hanno contrassegnato la sua opera: le acque del Piave, i boschi del Montello, le grotte delle Prealpi, le barene lagunari, le geometrie silenti dei Palù, le foschie delle Fontane Bianche, le vette del Cansiglio, e ancora le abbazie, gli ossari, le chiese e le pievi dei colli trevigiani. Per Zanzotto, il paesaggio richiamato nella sua poesia non costituisce mai una semplice restituzione della realtà, ma offre la possibilità costante di un aumento delle possibilità del reale, la condizione primaria per rimodellare il presente. L’intento di questo film non era naturalmente quello di sostituirsi ai tanti e imprescindibili lavori critici pubblicati nel tempo sulla poesia di Zanzotto. Vi era invece la volontà di poter rievocare, attraverso le immagini, il senso profondo della sua opera, osservando le modulazioni di significato della parola ‘paesaggio’, il rapporto tra realtà e ‘alterazione del reale’ presente nelle sue poesie, e ricomponendo le suggestioni provenienti dalla sua voce, dal suo logos. In questo saggio proverò a delineare i principali tratti emersi durante la lunga osservazione preparatoria a Logos Zanzotto, mettendo in luce gli aspetti cruciali di quel paesaggio in transizione osservato da Zanzotto, destinato ad abbandonare per sempre i contorni dell’idillio, dei dipinti di Giovanni Bellini, Giorgione, Cima da Conegliano, e in cui l’idea di locus amoenus, di ambiente protetto e d’incanto, è destinata a divenire spazio di accelerazione perpetua e costante mutazione. Un paesaggio segnato dai pericoli della modernità, sino ad arrivare a smarrirsi in quello che Zanzotto chiama locus horridus. Un paesaggio da ripensare, da reinventare a partire dalla voce di Zanzotto.

RELITTI DIVENUTI RELIQUIE. IL PAESAGGIO DI ANDREA ZANZOTTO ATTRAVERSO L’ESPERIENZA DEL FILM LOGOS ZANZOTTO

Denis Brotto
2023

Abstract

Il percorso che ha caratterizzato la creazione del film documentario Logos Zanzotto (2021), da me realizzato nel 2021, ha significato prima di tutto fare i conti con la possibilità di ripercorre l’opera poetica di una delle più importanti voci della poesia italiana. Andrea Zanzotto (1921-2011) è stato il poeta che più da vicino ha saputo osservare e narrare i cambiamenti della società italiana, in particolare di quella “megalopoli padana” di cui la sua Pieve di Soligo, nelle Prealpi Trevigiane, ha costituito una sorta di ideale epicentro, di ottimale punto d’osservazione. La sua poesia è divenuta nel tempo una imprescindibile ricerca di definizione e di valorizzazione del concetto di paesaggio, travalicando i confini geografici in cui è stata concepita ed evidenziandone il necessario ruolo nel rapporto tra natura ed esperienza umana. Da Dietro il paesaggio (1951) sino a Conglomerati (2009), passando attraverso La Beltà (1968), Il Galateo in Bosco (1978), Fosfeni (1983), Meteo (1996), l’opera poetica di Zanzotto ha sondato le molteplici valenze che il termine ‘paesaggio’ porta con sé, scorgendone di volta in volta i cambiamenti, i rischi, le alterazioni. Quel paesaggio in perenne transizione è l’oggetto principale attorno al quale è avvenuta la realizzazione di Logos Zanzotto, provando a osservare oggi i luoghi che hanno contrassegnato la sua opera: le acque del Piave, i boschi del Montello, le grotte delle Prealpi, le barene lagunari, le geometrie silenti dei Palù, le foschie delle Fontane Bianche, le vette del Cansiglio, e ancora le abbazie, gli ossari, le chiese e le pievi dei colli trevigiani. Per Zanzotto, il paesaggio richiamato nella sua poesia non costituisce mai una semplice restituzione della realtà, ma offre la possibilità costante di un aumento delle possibilità del reale, la condizione primaria per rimodellare il presente. L’intento di questo film non era naturalmente quello di sostituirsi ai tanti e imprescindibili lavori critici pubblicati nel tempo sulla poesia di Zanzotto. Vi era invece la volontà di poter rievocare, attraverso le immagini, il senso profondo della sua opera, osservando le modulazioni di significato della parola ‘paesaggio’, il rapporto tra realtà e ‘alterazione del reale’ presente nelle sue poesie, e ricomponendo le suggestioni provenienti dalla sua voce, dal suo logos. In questo saggio proverò a delineare i principali tratti emersi durante la lunga osservazione preparatoria a Logos Zanzotto, mettendo in luce gli aspetti cruciali di quel paesaggio in transizione osservato da Zanzotto, destinato ad abbandonare per sempre i contorni dell’idillio, dei dipinti di Giovanni Bellini, Giorgione, Cima da Conegliano, e in cui l’idea di locus amoenus, di ambiente protetto e d’incanto, è destinata a divenire spazio di accelerazione perpetua e costante mutazione. Un paesaggio segnato dai pericoli della modernità, sino ad arrivare a smarrirsi in quello che Zanzotto chiama locus horridus. Un paesaggio da ripensare, da reinventare a partire dalla voce di Zanzotto.
2023
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3505056
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