La produzione di immagini a soggetto coloniale, nonché la loro messa in circolazione attraverso svariati media, fu uno tra gli strumenti più efficaci utilizzati dal fascismo per la propaganda espansionista e per l’autocelebrazione imperiale. Le fotografie, ampiamente riprodotte in volumi, riviste e cartoline, ebbero il ruolo di documentare – con pretesa di veridicità – paesaggi, ‘tipi’, usi, costumi delle colonie italiane e, in generale, dell’oltremare africano. Le creazioni artistiche – intese in senso lato – rivestirono invece, a seconda delle circostanze e degli autori, un ruolo a tratti ambiguo, di documentazione oggettiva ma anche di seduzione della fantasia e dello sguardo. È proprio questa duplicità di scopi, unita spesso a questioni di necessità, che spinse diversi artisti a utilizzare la fotografia come base per i propri lavori. Il saggio, dopo una breve riflessione introduttiva, analizza dunque alcuni casi di illustrazioni (in particolare disegni per francobolli) e opere d’arte per i quali si sono rintracciate le fonti fotografiche di ispirazione. I casi trattati si riferiscono ad alcuni lavori di autori quali Giuseppe Rondini, Carlo Celano, Nardo Pajella e Fortunato Depero. Lo scopo è quello di mettere in luce i diversi gradi di uso, manipolazione e distorsione dell’immagine fotografica nel processo di creazione artistica, proponendo inoltre una riflessione – per alcuni casi – circa la presenza di una vena grottesca che tradisce il sostrato culturale dell’epoca, segnato da una visione marcatamente eurocentrica e razzista. Il saggio rielabora un intervento tenuto nell'ambito del seminario "DECOLONIZING COLONIAL HERITAGE • DECOLONIZZARE IL PATRIMONIO - Fondi fotografici sul colonialismo italiano tra la fine del XIX secolo e il secondo conflitto mondiale" (Rovereto-TN, Museo Storico Italiano della Guerra, 8-9 giugno 2023).

Arte smascherata: uso, manipolazione e distorsione di fonti fotografiche nelle creazioni coloniali del Ventennio

Priscilla Manfren
2024

Abstract

La produzione di immagini a soggetto coloniale, nonché la loro messa in circolazione attraverso svariati media, fu uno tra gli strumenti più efficaci utilizzati dal fascismo per la propaganda espansionista e per l’autocelebrazione imperiale. Le fotografie, ampiamente riprodotte in volumi, riviste e cartoline, ebbero il ruolo di documentare – con pretesa di veridicità – paesaggi, ‘tipi’, usi, costumi delle colonie italiane e, in generale, dell’oltremare africano. Le creazioni artistiche – intese in senso lato – rivestirono invece, a seconda delle circostanze e degli autori, un ruolo a tratti ambiguo, di documentazione oggettiva ma anche di seduzione della fantasia e dello sguardo. È proprio questa duplicità di scopi, unita spesso a questioni di necessità, che spinse diversi artisti a utilizzare la fotografia come base per i propri lavori. Il saggio, dopo una breve riflessione introduttiva, analizza dunque alcuni casi di illustrazioni (in particolare disegni per francobolli) e opere d’arte per i quali si sono rintracciate le fonti fotografiche di ispirazione. I casi trattati si riferiscono ad alcuni lavori di autori quali Giuseppe Rondini, Carlo Celano, Nardo Pajella e Fortunato Depero. Lo scopo è quello di mettere in luce i diversi gradi di uso, manipolazione e distorsione dell’immagine fotografica nel processo di creazione artistica, proponendo inoltre una riflessione – per alcuni casi – circa la presenza di una vena grottesca che tradisce il sostrato culturale dell’epoca, segnato da una visione marcatamente eurocentrica e razzista. Il saggio rielabora un intervento tenuto nell'ambito del seminario "DECOLONIZING COLONIAL HERITAGE • DECOLONIZZARE IL PATRIMONIO - Fondi fotografici sul colonialismo italiano tra la fine del XIX secolo e il secondo conflitto mondiale" (Rovereto-TN, Museo Storico Italiano della Guerra, 8-9 giugno 2023).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3512358
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