Lo scritto propone una riflessione sulla giurisprudenza costituzionale e di legittimità in materia di c.d. “carcere duro”, movendo dalle recenti decisioni, rispettivamente n. 105/2023 della Corte costituzionale e n. 196/2024 della Corte di cassazione, con le quali è stata esclusa la necessità che i colloqui tra detenuti sottoposti a regime “differenziato” ex art. 41-bis con figli e abiatici ultra-dodicenni avvenga con vetro isofonico a tutta altezza al fine di impedire il passaggio di oggetti. Le due pronunce si pongono in tensione sia con il tenore della littera legis, sia con la consolidata interpretazione giurisprudenziale dell’art. 41-bis, co. 2-quater lett. b) O.P. (la prima, la littera legis, che testualmente dispone che i colloqui si svolgano «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti»; la seconda, integratrice del c.d. diritto vivente, secondo cui “per locali attrezzati” si sarebbero dovuti intendere solo quelli muniti di vetro divisorio a tutta altezza). La riflessione condotta su tale dispositivo di sicurezza consente all’Autore di misurarsi con l’enucleazione di almeno tre stagioni del c.d. “carcere duro”, ove riguardate dalla prospettiva delle tecniche decisorie seguite dalla Consulta per assicurarne la compatibilità costituzionale. Allo scopo, lo scritto si sofferma sulla rilevanza pratica dell’opzione tecnico-decisoria della sentenza interpretativa di rigetto, esprimendo al contempo auspici e perplessità in ordine all’idoneità dell’intervento costituzionale a scongiurare la persistenza o il riaffiorare di prassi interpretative elusive, tanto da parte del giudice ordinario, quanto da parte dell’amministrazione penitenziaria.
Una nuova stagione del c.d. carcere duro nel prisma delle tecniche decisorie della Consulta? I diritti fondamentali tra “piccoli gesti di vita quotidiana”, auspici e perplessità.
Giovanni Caruso
2024
Abstract
Lo scritto propone una riflessione sulla giurisprudenza costituzionale e di legittimità in materia di c.d. “carcere duro”, movendo dalle recenti decisioni, rispettivamente n. 105/2023 della Corte costituzionale e n. 196/2024 della Corte di cassazione, con le quali è stata esclusa la necessità che i colloqui tra detenuti sottoposti a regime “differenziato” ex art. 41-bis con figli e abiatici ultra-dodicenni avvenga con vetro isofonico a tutta altezza al fine di impedire il passaggio di oggetti. Le due pronunce si pongono in tensione sia con il tenore della littera legis, sia con la consolidata interpretazione giurisprudenziale dell’art. 41-bis, co. 2-quater lett. b) O.P. (la prima, la littera legis, che testualmente dispone che i colloqui si svolgano «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti»; la seconda, integratrice del c.d. diritto vivente, secondo cui “per locali attrezzati” si sarebbero dovuti intendere solo quelli muniti di vetro divisorio a tutta altezza). La riflessione condotta su tale dispositivo di sicurezza consente all’Autore di misurarsi con l’enucleazione di almeno tre stagioni del c.d. “carcere duro”, ove riguardate dalla prospettiva delle tecniche decisorie seguite dalla Consulta per assicurarne la compatibilità costituzionale. Allo scopo, lo scritto si sofferma sulla rilevanza pratica dell’opzione tecnico-decisoria della sentenza interpretativa di rigetto, esprimendo al contempo auspici e perplessità in ordine all’idoneità dell’intervento costituzionale a scongiurare la persistenza o il riaffiorare di prassi interpretative elusive, tanto da parte del giudice ordinario, quanto da parte dell’amministrazione penitenziaria.File | Dimensione | Formato | |
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