In questo articolo, esploro la relazione tra vulnerabilità ed empatia clinica nel contesto dell'assistenza ostetrica. Partendo dalla distinzione tra vulnerabilità generale e particolare proposta da Martin et al., argomento che le donne in travaglio e parto rientrano nella categoria di pazienti particolarmente vulnerabili, avendo un maggior rischio che le loro legittime richieste vengano ignorate. Fattori come pregiudizi di genere, la percezione del dolore come fonte di irrazionalità e la crescente medicalizzazione del parto contribuiscono a questa vulnerabilità. L'empatia clinica viene proposta come possibile strumento per identificare e rispondere a tale vulnerabilità. Tuttavia, evidenzio alcuni limiti di questo approccio: l'empatia non sembra adeguata a riconoscere le cause strutturali della vulnerabilità né a cogliere pienamente la complessità delle motivazioni delle pazienti. Inoltre, fare eccessivo affidamento sull'empatia dei singoli operatori rischia di sovraccaricarli e distogliere l'attenzione dalle carenze sistemiche. In conclusione, pur riconoscendo l'utilità dell'empatia clinica, sostengo la necessità di affiancarvi altri strumenti comunicativi e interventi sistemici per identificare efficacemente e rispondere alla vulnerabilità particolare delle pazienti in ambito ostetrico. Solo un approccio multidimensionale che non deleghi interamente la responsabilità ai singoli professionisti può raggiungere tale obiettivo.

Vulnerabilità ed empatia clinica: il caso della relazione ostetrica

Eugenia Stefanello
2025

Abstract

In questo articolo, esploro la relazione tra vulnerabilità ed empatia clinica nel contesto dell'assistenza ostetrica. Partendo dalla distinzione tra vulnerabilità generale e particolare proposta da Martin et al., argomento che le donne in travaglio e parto rientrano nella categoria di pazienti particolarmente vulnerabili, avendo un maggior rischio che le loro legittime richieste vengano ignorate. Fattori come pregiudizi di genere, la percezione del dolore come fonte di irrazionalità e la crescente medicalizzazione del parto contribuiscono a questa vulnerabilità. L'empatia clinica viene proposta come possibile strumento per identificare e rispondere a tale vulnerabilità. Tuttavia, evidenzio alcuni limiti di questo approccio: l'empatia non sembra adeguata a riconoscere le cause strutturali della vulnerabilità né a cogliere pienamente la complessità delle motivazioni delle pazienti. Inoltre, fare eccessivo affidamento sull'empatia dei singoli operatori rischia di sovraccaricarli e distogliere l'attenzione dalle carenze sistemiche. In conclusione, pur riconoscendo l'utilità dell'empatia clinica, sostengo la necessità di affiancarvi altri strumenti comunicativi e interventi sistemici per identificare efficacemente e rispondere alla vulnerabilità particolare delle pazienti in ambito ostetrico. Solo un approccio multidimensionale che non deleghi interamente la responsabilità ai singoli professionisti può raggiungere tale obiettivo.
2025
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