Il saggio presente all’interno di un volume della rivista “Agalma” dedicato ad Arte e Psicoanalisi, esamina tre lungometraggi di Matteo Garrone (L’Imbalsamatore, Primo Amore, Dogman) esplorando brani narrativi e visivi che attingono a una dimensione pluridirezionale. Messi in rapporto con nodi del pensiero lacaniano, tali brani schiudono ampie prospettive di lettura volte a esplorare temi ripetutamente presenti nel cinema del cineasta, da sempre attento a indagare la complessa natura umana e il groviglio inestricabile dei legami tra i singoli personaggi. In particolare, è sta adottata una metodologia che non vede nel testo filmico l’applicazione di protocolli di natura psicoanalitica, ma che ribalta tale concezione, cogliendo in zone di tensione narrativa e visiva dei film una possibile riflessione che consenta un accostamento con nodi significativi del pensiero psicoanalitico. Alla luce di tali premesse segnalo i punti “nevralgici” su cui è stata maggiormente concentrata l’attenzione: l’emersione di porzioni di “reale” (termine usato nell’accezione lacaniana) che alimenta la dimensione di perturbante presente nell’opera di Garrone, l’oggetto causa del desiderio e le dinamiche relazionali tra i personaggi dirette alla illusoria ricerca del suo raggiungimento, le produzioni fantasmatiche che orientano i percorsi delle singole figure, le traiettorie e la reversibilità dello sguardo che delineano precise posizioni dei personaggi, infine la domanda dell’Altro come tratto peculiare da cui alcuni protagonisti del suo cinema sono dominati e rispetto alla quale agiscono in maniera autodistruttiva, nel vano anelito a soddisfarla. L’inquadramento del percorso di analisi è ascrivibile all’ambito dei Film Studes arricchito, si è detto, da significative porzioni della teoria psicoanalitica di matrice lacaniana che ne ampliano la prospettiva interpretativa.

L'abbraccio dell'Altro come velo sul "reale". La scrittura per immagini di Matteo Garrone.

Salvatore Rosamaria
2019

Abstract

Il saggio presente all’interno di un volume della rivista “Agalma” dedicato ad Arte e Psicoanalisi, esamina tre lungometraggi di Matteo Garrone (L’Imbalsamatore, Primo Amore, Dogman) esplorando brani narrativi e visivi che attingono a una dimensione pluridirezionale. Messi in rapporto con nodi del pensiero lacaniano, tali brani schiudono ampie prospettive di lettura volte a esplorare temi ripetutamente presenti nel cinema del cineasta, da sempre attento a indagare la complessa natura umana e il groviglio inestricabile dei legami tra i singoli personaggi. In particolare, è sta adottata una metodologia che non vede nel testo filmico l’applicazione di protocolli di natura psicoanalitica, ma che ribalta tale concezione, cogliendo in zone di tensione narrativa e visiva dei film una possibile riflessione che consenta un accostamento con nodi significativi del pensiero psicoanalitico. Alla luce di tali premesse segnalo i punti “nevralgici” su cui è stata maggiormente concentrata l’attenzione: l’emersione di porzioni di “reale” (termine usato nell’accezione lacaniana) che alimenta la dimensione di perturbante presente nell’opera di Garrone, l’oggetto causa del desiderio e le dinamiche relazionali tra i personaggi dirette alla illusoria ricerca del suo raggiungimento, le produzioni fantasmatiche che orientano i percorsi delle singole figure, le traiettorie e la reversibilità dello sguardo che delineano precise posizioni dei personaggi, infine la domanda dell’Altro come tratto peculiare da cui alcuni protagonisti del suo cinema sono dominati e rispetto alla quale agiscono in maniera autodistruttiva, nel vano anelito a soddisfarla. L’inquadramento del percorso di analisi è ascrivibile all’ambito dei Film Studes arricchito, si è detto, da significative porzioni della teoria psicoanalitica di matrice lacaniana che ne ampliano la prospettiva interpretativa.
2019
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