La produzione di vino comporta notevoli sottoprodotti, tra cui le fecce di vinificazione, che in Italia ammontano a 927.000 tonnellate annue. Queste fecce, sospensioni viscose ricche di biomassa di lievito, devono essere legalmente processate dalle distillerie per l’estrazione dell’etanolo. Dopo quest’operazione esse vengono direttamente smaltite tramite depuratori rappresentando così un costo per i distillatori. Il potenziale valore delle fecce è legato alla biomassa di lievito, fonte di additivi alimentari che attualmente vengo estratti da lieviti appositamente prodotti in bioreattori. Questo contributo mira a esaminare alcune ricerche che si concentrano sull'utilizzo delle fecce come fonte alternativa di estratti di lievito, evidenziando le limitazioni che devono essere affrontate in futuri studi. Tali ricerche hanno permesso di definire un protocollo di estrazione in autoclave, in grado di solubilizzare ed estrarre il 30% della biomassa. Le frazioni ottenute, ricche in mannoproteine, si sono rivelate promettenti nel migliorare le caratteristiche dei vini, come la schiumabilità (+260% volume; +360% stabilità), la stabilità tartarica (precipitazione tartrati -11%), e la resistenza all’ossidazione (imbrunimento -40%). Inoltre, sono state osservate proprietà emulsionanti (attività emulsionante ≃55%) in sistemi modello. Studi più recenti (in corso) mirano a rendere il metodo di estrazione maggiormente adatto ad uno scale-up. In quest’ottica è stato valutato l’uso di solventi eutettici naturali e trattamenti termici alternativi al fine di aumentare la resa e ridurre i costi energetici e impiantistici. Il superamento di queste problematiche potrebbe offrire alle distillerie l’opportunità di diventare centri di valorizzazione delle fecce, adottando l’approccio tipico delle bioraffinerie.
Strategie per la valorizzazione delle fecce di vinificazione come fonte di additivi alimentari
Alberto De Iseppi
;Matteo Marangon;Simone Vincenzi;Giovanna Lomolino;A. Curioni
2024
Abstract
La produzione di vino comporta notevoli sottoprodotti, tra cui le fecce di vinificazione, che in Italia ammontano a 927.000 tonnellate annue. Queste fecce, sospensioni viscose ricche di biomassa di lievito, devono essere legalmente processate dalle distillerie per l’estrazione dell’etanolo. Dopo quest’operazione esse vengono direttamente smaltite tramite depuratori rappresentando così un costo per i distillatori. Il potenziale valore delle fecce è legato alla biomassa di lievito, fonte di additivi alimentari che attualmente vengo estratti da lieviti appositamente prodotti in bioreattori. Questo contributo mira a esaminare alcune ricerche che si concentrano sull'utilizzo delle fecce come fonte alternativa di estratti di lievito, evidenziando le limitazioni che devono essere affrontate in futuri studi. Tali ricerche hanno permesso di definire un protocollo di estrazione in autoclave, in grado di solubilizzare ed estrarre il 30% della biomassa. Le frazioni ottenute, ricche in mannoproteine, si sono rivelate promettenti nel migliorare le caratteristiche dei vini, come la schiumabilità (+260% volume; +360% stabilità), la stabilità tartarica (precipitazione tartrati -11%), e la resistenza all’ossidazione (imbrunimento -40%). Inoltre, sono state osservate proprietà emulsionanti (attività emulsionante ≃55%) in sistemi modello. Studi più recenti (in corso) mirano a rendere il metodo di estrazione maggiormente adatto ad uno scale-up. In quest’ottica è stato valutato l’uso di solventi eutettici naturali e trattamenti termici alternativi al fine di aumentare la resa e ridurre i costi energetici e impiantistici. Il superamento di queste problematiche potrebbe offrire alle distillerie l’opportunità di diventare centri di valorizzazione delle fecce, adottando l’approccio tipico delle bioraffinerie.Pubblicazioni consigliate
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